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568 d.C. I Longobardi – La grande marcia

568 d.C I Longobardi – La grande marcia
Penisola dello Jutland, 150 a.C. Un popolo ha compiuto un lungo viaggio dalla terre del Nord per giungere in Europa: i Winnili, guidati dai gemelli Aio e Ibor e dalla leggendaria Gambara. Sono devoti al dio Wotan e sono i progenitori di quel popolo che verrà conosciuto con il nome di Longobardi. Batavis,Pannonia, 566 d.C. Menia, la discendente di Gambara, sta trascorrendo i suoi ultimi momenti di vita. A capo del popolo c’è ora suo nipote Alboino, il decimo re della dinastia longobarda. Colui che ha riunito sotto la sua egida tutte le popolazioni sparse per la Pannonia per guidarle nella Grande Marcia in Italia, dove regna l’imperatore Giustiniano. Intanto a San Giorgio, un avamposto ai piedi del passo del Predil, il duca Agostino si prepara a resistere all’invasione longobarda e, al contempo, non vuole piegarsi ai voleri dell’imperatore romano. Prima di iniziare la marcia, Alboino ha due missioni da compiere: sconfiggere il popolo dei Gepidi, per riprendersi la regina Rosmunda, e convertire il proprio popolo al cristianesimo. È l’alba del 2 aprile 568 d.C. quando il suono dei corni riecheggia in tutta la Pannonia. La colonna di trecentomila uomini, donne e bambini è pronta a partire. Inizia la discesa dei Longbardi in Italia… 
Verità storica, leggenda e invenzione si fondano magistralmente ne La Grande Marcia, primo capitolo della trilogia dedicata ai Longobardi. L’autrice, Sabina Colloredo, ha all’attivo una sessantina di pubblicazioni che comprendono romanzi, racconti e poesie per ragazzi. Siamo nel 568 d.C. e un popolo si appresta a cambiare le sorti della storia, guidato da un condottiero leggendario: Alboino, il primo sovrano longobardo a credere in un’autorità centrale e a sognare un impero dopo secoli di dominazione romana. Attorno a questa figura mitica ruotano personaggi del calibro della regina Rosmunda, della sacerdotessa Rodelinda, del sommo sacerdote Othar e degli spietati Ari, una setta di guerrieri sanguinari conosciuti anche come ‘cinocefali’ per via dei loro copricapo con teste di cani, indossati per terrorizzare il nemico. Dall’altra parte dello schieramento troneggia la figura di Agostino, duca di San Giorgio, disposto a tutto per mantenere l’autonomia del suo castello, anche davanti alle minacce dell’autorità imperiale e dell’orda barbarica. Due schieramenti in cui il sottile filo rosso che divide bene e male è indistinguibile mentre sullo sfondo scorre la vita di uomini comuni, contadini e soldati. C’è spazio anche per le riflessioni intorno a temi come la condizione della donna, l’integrazione – a volte forzata – tra mondi e culture diverse, e l’innata forza individuale che può mutare le sorti del destino e della storia. La Colloredo ci introduce in un periodo storico di cui si conosce poco e lo fa con un romanzo avvincente, pregno di valori, dotato di un ritmo incalzante, a metà strada tra l’epopea e i romanzi della tradizione cavalleresca. Il racconto del sogno di un popolo che diventa realtà . Una marcia per trovare definitivamente la propria identità.

Leggi l'intervista a Sabina Colloredo