
Alto, muscoloso, con una cicatrice irregolare che scendeva dalla fronte alla tempia”. Binyamin Lerner, giovane ebreo polacco, ha passato nove mesi sul fronte galiziano nella fanteria dello zar Nicola. È appena tornato a Varsavia e, “equipaggiato di tutto punto”, suda copiosamente nel caldo e asfissiante e insopportabile del pomeriggio; doveva presentarsi alle quattro in punto al centro raccolta del quartiere Praga per ricevere la paga mensile di quaranta copechi e una doppia razione di zucchero, per poi ripartire per la prima linea all’alba seguente. Ma è già in ritardo e le circostanze non lo aiutano affatto. Il ponte sulla Vistola che deve attraversare è affollato da soldati a cavallo, carri funebri, militari del genio impegnati a minare la struttura per farla saltare in caso di ritirata, mendicanti, una mandria di bovini, poveracci di ogni tipo in una babele di lingue diverse. Lerner si azzarda a chiedere un passaggio ad un vetturino in cambio di due rubli d’argento, ma mal gliene incoglie. La vettura viene fermata da agenti della polizia militare e lui, esasperato dall’ansia per il ritardo, finisce per rispondere male al capitano tracagnotto che lo rimprovera perché ha la divisa in disordine. Quando riesce a riprender il cammino il ritardo è diventato mostruoso; ma la verità è un’altra. “Il sacrificio di nove mesi al fronte, i combattimenti, le ferite, la dissenteria, le notti insonni, la fame, il freddo, le offese, l’arroganza dei superiori lo colpirono a un tratto con tutta la loro assurdità”. Ed è così che con questi pensieri Lerner si cerca una piccola conca dietro un canneto per riposare un po’, si addormenta e quando a sera si sveglia è diventato a tutti gli effetti un disertore. Ma le sue disavventure sono soltanto all’inizio…
Romanzo d’esordio di Israel Joshua Singer – fratello del premio Nobel 1978 Isaac Bashevis Singer – Acciaio contro acciaio è stato scritto nel 1927 in yiddish. Come avverte in nota la traduttrice di questa edizione Adelphi, la traduzione è stata condotta a partire da quella inglese di Joseph Singer per l’apprezzabile editing da lui svolto sull’originale (yiddish, appunto) spesso troppo prolisso, pur con dei ritocchi lì dove lei abbia ritenuto che il figlio dell’autore sia intervenuto in maniera eccessiva. Il protagonista della storia, Binyamin Lerner, è una specie di antieroe che attraversa quel difficile momento che è stato il primo ventennio del ‘900 ‒ nello specifico le vicende narrate abbracciano un arco di tempo che va dal 1915 al 1917 ‒, che vide lo scoppio della Prima guerra e quello della rivoluzione russa; il romanzo, anzi, si conclude proprio con l’inizio della Rivoluzione d’Ottobre che, agli occhi del protagonista, disincantato e disilluso, appare finalmente come una promessa per il futuro. La storia prende l’avvio in una Polonia più che mai contesa – da Russi e Tedeschi – ma continua anche fuori dai confini fino a portare Lerner a Pietroburgo; ovunque però il coro sullo sfondo, come in una tragedia greca, è fondamentale e formato dagli ultimi della Storia e di ogni storia, da folle di profughi, da ebrei allo sbando minacciati dai pogrom, da donne violate e bambini affamati. Una vera epopea di miserabili raccontata in tono struggente ma anche con l’ironia connaturata alla cultura dell’autore. Chi conosce già I.J.Singer, ritroverà lo stesso affresco poderoso ed efficace degli altri suoi romanzi, anche se il ritmo gli sembrerà meno incalzante rispetto, ad esempio, a La famiglia Karnowski . I diritti di questo romanzo sono liberi ed è per questo che vari editori, di tanto in tanto, lo ripubblicano, magari in traduzioni diverse. Del 2015 esiste, ad esempio, una edizione Bollati Boringhieri dal titolo La fuga di Benjamin Lerner .