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Acqueforti di Buenos Aires

Acqueforti di Buenos Aires

Le strade di Buenos Aires sono ricche di curiosità, soprattutto di personaggi rappresentativo di ogni tipo di varietà umana. Basta andare su un tram e vedere un ragazzo saltellare intorno alla sua bella che lo ignora e lo umilia: che strazio! Lui pieno di attenzioni, appiattito come uno zerbino: che rabbia! Ma la bella ragazza smorfiosa non lo sa che il tempo passa, passa per tutti, anche per lei? Non sarebbe meglio a quel punto accontentarsi di un cuore puro e disinteressato, che però accompagnerà la sua inevitabile decadenza, piuttosto che chiudersi in un’algida distanza? Oppure basta spostarsi un po’ più in là e scorgere appoggiato ad un muro un altro giovane, un giovane già vecchio, che pensa da vecchio, che ragiona da vecchio e sta ad aspettare che la giornata passi, attraversandolo. Oppure basta guardare l’insegna di quel negozio: riparano bambole. Che forma di pigrizia, che forma di avarizia! Ci sono poi uomini gelosi delle loro donne, che vivono strangolati dalla loro gelosia: come quel marito geloso, che lavora nel proprio bar assieme alla moglie, soffrendo gli sguardi quotidiani che la bella donna riceve; ma lui, il marito sospettoso, è impossibilitato per indole a intervenire e per questo ha pensato bene di piazzare la donna, onesta, al grammofono del bar, risparmiando anche così ottanta pesos al mese che sarebbero destinate a una grammofonista. Dentro quel mondo quasi narcotizzato, abitudinario, la vita pulsa, basta andarla a cercare, o più semplicemente basta avere la pazienza di guardare con maggiore attenzione...

Le acqueforti sono dei piccoli quadretti incisi che rappresentano delle situazioni particolarmente significative o semplicemente forniscono dettagli di fondo: celebri quelle di Rembrant e di Dürer. Per questo, i bozzetti tratteggiati da Roberto Arlt sono rappresentativi di un microcosmo che esplode nella capitale argentina, nascondendosi agli occhi della normalità, ma non a quelli dello scrittore argentino. Il testo, scritto fra il 1928 ed il 1933, durante un periodo di collaborazione con il giornale “El Mundo”, è un puzzle umano che si staglia senza avere il peso di un giudizio, ma con il piacere della scoperta e della narrazione. La scrittura è piana e gradevole, indulgente verso l’ironia, per questo ancora più efficace: non vuole meravigliare né deridere, ma raccontare. I personaggi sono vittime di una normalità nella quale si perdono, però si valorizzano anche nella loro mediocrità che nasce proprio dal contesto in cui sono nati e vivono. Il merito di Artl è di rendere la normalità qualcosa di ricco e di vitale, che si staglia dallo sfondo del bozzetto senza diventarne protagonisti appariscenti: l’occhio esterno dello scrittore è in realtà una luce discreta che allarga e stuzzica la curiosità del lettore più annoiato. “La bellezza del poco o nulla”.