Salta al contenuto principale

Addio Gary Cooper

Addio Gary Cooper

Anni ’60. Izzy Ben Zwi è israeliano, si trova in Svizzera e vive all’interno di uno chalet assieme ad un gruppo di appassionati di sci estremo. È famoso ed è ammirato da tutti, perché è stato il primo uomo a lanciarsi con gli sci giù dalla seconda cordigliera delle Ande, in Ecuador, un luogo impossibile per l’atmosfera rarefatta, dove nel 1571 gli indiani Punà, gli autoctoni abitanti del Sudamerica, si sono rifugiati per sfuggire all’opera civilizzatrice degli Spagnoli. Izzy fa amicizia con Lenny, americano, rifugiatosi sulle Alpi per evitare di andare in Vietnam a combattere, da quest’ultimo apprende a parlare inglese. Non appena i due cominciano a comunicare nella stessa lingua sorgono problemi ideologici e Lenny, al fine di evitare le discussioni, lascia intendere all’amico di esser antisemita così da esser lasciato in pace. Nel gruppo c’è anche Alec, guida alpina della regione francese Alta-Savoia, che è arrivato sin lì dopo aver scoperto il tradimento della moglie. Alec trascorre le giornate ad arrovellarsi sulla paternità dei propri figli, e, al fine di comprendere con quali clienti la moglie l’abbia tradito, dispone sul tavolo le fotografie dei ragazzi e passa in rassegna i particolari somatici nella speranza di cogliere le somiglianze con sé stesso. Al momento dei dubbi, Alec dichiara di volersi far saltare in aria assieme alla moglie e ai figli mentre Lenny, a queste affermazioni, va in bestia, chiedendosi per quale motivo uccidere figli non propri. Peraltro, è oramai estate, le nevi si sono sciolte ed è pure impossibile uscire dallo chalet, i veri appassionati amano la neve e l’inverno. Per loro l’estate è una maledizione, si sentono come pesci quando l’oceano si ritira, avvertono la terra nuda, senza il biancore del ghiaccio, come sporca e inospitale...

Romain Gary in Addio Gary Cooper mostra di essere al contempo un uomo di cultura ed un fine analista della situazione politica a lui contemporanea. Scrive dell’epoca di Kennedy e della guerra del Vietnam con uno stile brioso, ironico, a tratti scoppiettante. A sedurre il lettore stavolta non la banlieu parigina con gli immigrati maghrebini del fortunato La promessa dell’alba, ma il totale disincanto della politica, l’abbandono dell’America rassicurante degli anni Cinquanta con le immagini in bianco e nero di attori statici e impomatati. È l’America in rapporto all’Europa ad essere messa in scena, una nazione non più rassicurante, piuttosto un microcosmo pronto ad esplodere in preda alle proteste sociali, alle problematiche razziali. Non sono trascurati i cambi di potere al Cremlino e le complesse orditure che la diplomazia mondiale intavola a Ginevra, sede di organismi internazionali e di riunioni segrete tra spie di mezzo mondo. Né mancano i colti richiami alle tragedie di Shakespeare, ai classici russi, agli autori francesi alle Georgiche virgiliane. In altre parole, è il diplomatico che guarda con distacco la fine di un’epoca e che criticamente, tramite lo sproloquio di giovani idealisti che, per sfuggire alla chiamata alle armi per la guerra in Vietnam, “bivaccano” in Europa e si collocano nell’algidissima Svizzera a vivere di espedienti ed in condizioni estreme. In effetti sarebbe stato banale e non appropriato alla dimensione narrativa dell’eccentrico autore, porre il personaggio all’interno di un ambiente metropolitano, circondato da amici ordinari. Al contrario, a quattromilacinquecento metri di altitudine, dove trionfano le nevi eterne e dove i ricchi del globo non perdono l’occasione per depositare il danaro all’interno di utili ed ospitali caveau, Lenny e la sua brigata di disadattati perché amanti dello sci estremo, possono vivere spaparanzati a spese altrui ed esprimersi liberamente, possono irridere il potere e amare, possono anche e del tutto impunemente, commettere dei reati, tanto, in un modo e nell’altro riusciranno comunque a cavarsela.