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Addio, Sweet Mister

addiosweetmister<p> TESTO TRAMA </p>  <p><img alt="" class="banner" src="https://www.mangialibri.com/sites/default/files/banner/herbertgwellsbanner.jpg" /></p> <p>TESTO CRITICA</p>  <br />  <br />  <script async src="//pagead2.googlesyndication.com/pagead/js/adsbygoogle.js"></script>  <!-- bannerone_finerece -->  <ins class="adsbygoogle"       style="display:inline-block;width:728px;height:90px"       data-ad-client="ca-pub-8697945687188519"       data-ad-slot="4278843370"></ins>  <script>  (adsbygoogle = w

Per il tredicenne Shuggie l’unica cosa che conti è la madre Glenda. Non solo perché è attratto dalla sua bellezza immacolata, ma perché è la sola persona che lo ami veramente e creda in lui, tanto da considerarlo il suo “asso” da calare sul tavolo da gioco. Per il resto la vita del ragazzino è una nota stonata. Vive nel Missouri a West Table, un posto dimenticato da Dio dove non c’è mai niente da fare, deve sopportare di essere molto grasso e di non piacere al patrigno Red, un criminale da strapazzo mezzo drogato che, oltre ad angariarlo e insultarlo chiamandolo “grassone”, lo usa per rubare medicine a inermi ammalati. Gli unici momenti in cui Shug si sente felice sono quando taglia l’erba del cimitero locale, di cui è custode con la madre, ascolta il canto di tordi e cardellini, oppure può stare con Glenda, dall’andare al cinema al raccogliere le more, o a recarsi a trovare la nonna e lo zio Carl, un ex marine ferito gravemente a una gamba. Al suo fianco si sente un cavaliere che la deve proteggere e difendere dalle insidie del mondo. All’improvviso un giorno appare davanti ai loro occhi una splendida Thunderbird verde al cui volante siede Jimmy Vin Pearce, un cuoco dalle movenze raffinate che subito incanta Glenda. Tutto allora potrebbe cambiare, in meglio ma anche in peggio…

In Addio, Sweet Mister si percepisce l’humus della provincia rurale, con i suoi campi, praterie, specchi d’acqua, il caldo soffocante, le decrepite case di legno. E con uomini e donne che si arrangiano con lavoretti occasionali – fare il custode di un cimitero, vendere giornali porta a porta – o piccoli furti – di medicinali o vestiti da supermercato – per arrivare a sera. Sono esistenze misere che si accontentano di quasi nulla per sbarcare il lunario e si sballano con droghe e alcol per superare le difficoltà quotidiane illudendosi che la sorte per una volta possa essere loro favorevole. Restano però tutti attaccati alla propria terra, come se fossero mossi da un profondo sentimento di comunità, per quanto questa sia labile e scivolosa come l’acqua. Nessuno se ne va mai via, forse perché non hanno soldi a sufficienza, ma soprattutto perché quello sperduto paese del Missouri è qualcosa di conosciuto e per questo di rassicurante. Carl riassume tale radicamento al luogo con il “sentire la mancanza” di poche povere cose – una scatola di fiammiferi, la foto del cane, un logoro guantone da baseball – che però riempiono il cuore. Con Addio, Sweet Mister, ultimo tassello della Serie di West Table, Daniel Woodrell conferma la sua capacità di coniugare realismo e lirismo attraverso un linguaggio che sa essere icastico e asciutto, struggente e passionale al tempo stesso. Insieme a Kent Haruf e Chris Offutt è uno dei grandi narratori contemporanei di un’America che ha perso la propria innocenza e cerca semplicemente di sopravvivere.