
Cibo e sensualità. Possono odori e sapori entrare dentro di noi segnando indelebilmente un attimo della nostra vita e all’occasione risvegliare emozioni intense? Possono forme e parole legate al cibo richiamare e inviare segnali ai sensi? Uomini e donne nel tempo e alle varie latitudini hanno utilizzato i più fantasiosi ingredienti per risvegliare il corpo e circuire la mente, per liberarsi in amplessi che attraverso la carnalità aprissero la strada al divino. Nelle capanne e nelle cucine di tutte le epoche c’è sempre stato qualcuno che mischiando sapientemente erbe, carni, verdure e spezie ha saputo mandare in estasi palati raffinati e risvegliato istinti sopiti. La ricerca della felicità e del piacere passa anche attraverso il cibo e per questo un certo rigore nell’uno e nell’altro senso è sempre stato richiesto da chi credeva che l’inferno fosse su questa terra. E allora generazioni di donne e uomini si sono privati dell’esperienza sensuale del cibo, sentendosi corrotti anche gustando ed assaporando la dolcezza di una mela. Cucinare per la persona che amiamo o che vogliamo conquistare è un’esperienza, che al di là dei risultati, è carica di significato e porta con sé gesti e raffinatezze che spesso non sono utilizzati nella gestione quotidiana. È l’arte del contatto profondo che passa inesorabilmente attraverso il cerchio che unisce cibo e sensualità...
Alla soglia dei cinquant’anni – un’età che Isabel Allende sente come l’ultima ora del pomeriggio quando il sole tramonta e dispone spontaneamente alla riflessione – l’autrice indaga per i suoi lettori il mondo dei sensi e delle passioni. Afrodita non è un nuovo personaggio perché tra queste pagine non è raccontata una storia con il suo inizio e la sua fine, ma si parla del rapporto tra cibo, sesso e seduzione. Allende si presenta in tutta la sua voglia di riaccendere il gusto della vita (dopo gli anni dolorosi ai quali seguì la pubblicazione di Paula) e si confessa in maniera civettuola raccontandoci delle sue ricerche nel mondo degli afrodisiaci. Percorrendo le strade della storia e della memoria, spaziando tra le genti più lontane, i cibi e le pozioni con proprietà afrodisiache ci sorprendono per la loro stranezza e assurdità. Dopo l’indagine storica e geografica, infarcita di aneddoti e ricordi presi dalla propria famiglia, la conclusione è che l’amore è il migliore afrodisiaco e che ricette “sicure” non esistono. Restano i piaceri dei lenti rituali, culinari ed erotici che aiutano l’immaginazione. Alcune ricette sono oggi improponibili e la Allende ci risparmia i particolari almeno dei più cruenti rituali anche se non disdegna, sempre in maniera scanzonata e leggera, di passarci immagini che possono togliere ogni desiderio sia di cibo che di sesso. Il libro si conclude con una parte di ricette tutte facilmente sperimentabili direttamente provate dalla scrittrice e dalle sue muse ispiratrici di questo libro: Panchina Llona (sua madre) e Carmen Balcelles, suo agente letterario.