
Fine novembre, sabato. Agatha Raisin, investigatrice privata, e Margaret Bloxby, moglie del pastore di Carsely, stanno sorseggiando un caffè sedute nel salotto trasandato della canonica, mentre fuori pioggia e nevischio cadono sulle lapidi del cimitero posto all’estremità opposta del giardino. Agatha sta raccontando all’amica che non ha intenzione di andare via in occasione del prossimo Natale. Anzi, ha pensato di organizzare una festa natalizia al villaggio, esperimento già tentato una volta, in realtà, con risultati che hanno lasciato a desiderare; ma Agatha è una che non molla. Poiché, come le insegna la saggia signora Bloxby, il vero spirito natalizio dovrebbe essere quello di pensare e prendersi cura degli altri, specialmente dei più deboli o di chi è in difficoltà, Aggie decide che offrirà una cena di Natale con i controfiocchi ai nonnetti di Carsely. Ci sono cinque o sei anziani che hanno trascorso le ultime feste da soli e che sarebbero entusiasti dell’invito da parte di Agatha. Ecco quindi che, taccuino alla mano, l’instancabile signora Raisin si annota il nome delle persone che ha intenzione di invitare. C’è Matilda Glossop, una graziosa signora sulla settantina cui gli occhi si riempiono di lacrime non appena posa lo sguardo sul biglietto di invito che Agatha le ha spedito; c’è Harry Dunster, vedovo di novant’anni che già pregusta un delizioso pasto a base di tacchino; c’è Jake Turnbull, ottantacinquenne burbero, taccagno e bevitore, allettato dall’idea di una mangiata e conseguente sbevazzata a scrocco. Freda Pinch non nutre una particolare simpatia per Agatha, ma l’idea di trascorrere un altro Natale in solitudine la spinge ad accettare subito l’invito, così come Simon Trent, ottant’anni molto ben portati, che invece conosce molto bene le abilità investigative di Aggie e si sente onorato per aver ricevuto l’invito. L’ultimo invitato è Len Leech, ottantacinquenne con i capelli neri tinti, anziano sporcaccione incapace di tenere le mani al posto e convinto che conquistare Agatha sarà un gioco da ragazzi. Agatha non è bravissima in cucina, lo sa bene. Per questo si affiderà ad una società di catering; tuttavia il dessert lo farà con le proprie mani e sarà un classico Christmas pudding...
Non c’è storia: Agatha Raisin è una che ferma non riesce a stare. E quando non c’è nulla da fare, lei qualcosa inventa. Questa volta ha deciso di ascoltare la vocina filantropica che sente di tanto in tanto dentro di sé e che le suggerisce di dedicare il giorno di Natale a chi è solo. L’idea è ammirevole, se non fosse che Agatha e l’abilità in cucina sono due universi che camminano su binari paralleli, destinati a non incontrarsi mai. Pertanto, il Christmas pudding che l’investigatrice privata più improbabile dei Cotswolds prepara è un’autentica schifezza e finisce per uccidere il più detestabile tra gli invitati alla festa natalizia. Ma è andata davvero così? Agatha come al solito vuole vederci chiaro e comincia ad indagare. Che si tratti di un romanzo – tra gli oltre trenta scritti dall’ideatrice di Agatha, la scrittrice inglese Marion Chesney che si è servita dello pseudonimo M.C. Beaton per firmare tutti i lavori della serie – o di un racconto, come in questo caso, quel che emerge è sempre e comunque un personaggio sopra le righe, una figura irriverente, scontrosa al limite del maleducato, ma divertente e adorabile. Agatha, che porta con fierezza un nome che vuole palesemente omaggiare il classico giallo inglese di Agatha Christie, è un’eroina imperfetta, con le sue fisse e le sue manie, nella quale il lettore si può identificare, difetti compresi. Con una scrittura ironica e tutt’altro che leziosa, la Beaton regala scorci di paesaggi inglesi squisitamente descritti, che invogliano a preparare in fretta una valigia e a partire, per accompagnare Agatha Raisin, ed il suo variopinto gruppo di amici e collaboratori, in una delle loro inverosimili avventure, al termine della quale ci si può fermare, per un meritato riposo ristoratore, in un tipico pub inglese, tra un pasticcio di carne e una pinta di birra.