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Al contrario

alcontrario

1927. Giustino Salonia, medico condotto, arriva a Malavacata per il suo nuovo incarico, alla ricerca di quella libertà economica e d’azione per cui sostiene di aver studiato. Malavacata. Quel nome avrebbe dovuto dirgli tutto. Ed effettivamente il suo ingresso nel paese ne aveva preannunciato le sorti. Giustino è finito in una vera e propria bettola, circondato da viddani, alla mercè degli “ingrisi”. Chi l’ha portato lì? A questa domanda riesce a darsi solo una risposta. Se stesso e il suo stupido istinto. D’altronde ha sempre fatto così, ha sempre agito d’istinto, guidato dalla sua irrefrenabile irrequietezza. Allo stesso modo ha sposato Gilda, incantato dal suo portamento, per poi scoprire il suo vero carattere, dal quale purtroppo è ormai dipendente. E per scappare da questa dinamica adesso si ritrova a Malacavata, un ammasso di casupole e miseria. Giustino non sa che, proprio in quel luogo, il suo studio diventerà il centro attorno al quale ruoterà l’intera comunità…

Al contrario è il modus operandi del medico Giustino Salonia e perciò il titolo del romanzo di Giuseppina Torregrossa, che lo vede protagonista delle vicende del paese di Malacavata, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Incontriamo Giustino sin dai primi passi del romanzo in quel “paesazzo”, completamente disorientato, già pentito della sua decisione di lasciare la moglie Gilda e sua figlia, di cui non ricorda il nome, a Palermo. Mentre Gilda assapora la sua libertà e indipendenza, il medico diventa il fulcro attorno al quale ruotano le vicende di una Sicilia sperduta, per certi versi arretrata, dove le donne non si depilano e rappresentano oggetti in pasto ai viddàni. Accanto a Giustino piano piano la Torregrossa inserisce altri tipi, da Mimì, che si oppone alle coltivazioni dell’Istituto del grano, al federale, ricco proprietario terriero, fino alla ragazza che rischia l’aborto, di cui Giustino finisce per innamorarsi. Giuseppina Torregrossa inserisce un prepotente sfondo storico, ribaltando il racconto dal punto di vista di una regione in cui il Governo sembra lontano, ma le conseguenze delle sue scelte sono irrimediabilmente vicine. La Torregrossa non si sofferma stavolta sullo sfarzo di Palermo, ma sulla miseria, snocciolando il suo racconto dalla fine degli Anni Venti fino alla caduta di Mussolini. Un periodo storico in cui ci si ritrova proprio al contrario, con uomini diventati soldati e costretti alla guerra e donne alla presa del potere interno. Un affresco colorato e genuino, in cui la donna trova un ruolo fondamentale, centro nevralgico dell’evoluzione verso il senso di comunità e collaborazione. Per la sopravvivenza.