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Al di qua del fiume

Al di qua del fiume

Gennaio 1877. Le campane della chiesa annunciano che si sono fatte le sette. In casa i primi rumori - un colpo di tosse, passi brevi, lo scricchiolio del legno - avvisano che sono già tutti svegli. Solo Emilia, nel lettino addossato al muro accanto a quello di mamma e papà, dorme, emettendo un lieve sibilo con il fiato. Mamma Amalia rabbrividisce quando porta una mano fuori dalla trapunta, poi fa una carezza a Carlo, nell’unico gesto d’intimità coniugale concesso prima che la casa prenda completamente vita. Carlo sente che sarà un giorno importante. Sono trascorsi otto anni dall’ultima volta che ha visto il padrone, il signor Cristoforo Crespi. Forse sarà invecchiato, pensa Carlo, mentre continua a chiedersi cosa mai gli vorrà comunicare. Si ripete la domanda da quando ha ricevuto una lettera nella quale il signor Crespi lo ha invitato a raggiungerlo, alle undici di un certo giorno, sul Fosso Bergamasco, dove gli comunicherà importanti novità. E quel giorno è arrivato. Carlo tira fuori il vestito della domenica, anche se oggi domenica non è. L’appuntamento è tra alcune ore, ma decide di prepararsi e uscire di casa subito, senza neppure mandare giù un boccone per la colazione. Non sa perché, ma mentre si allontana da casa, mani in tasca e nebbia fitta che lo avvolge, fischietta e si sente felice. Anche Cristoforo è uscito presto di casa - insieme al figlio, il piccolo Silvio - e si è allontanato all’alba da Milano, per raggiungere il luogo dell’appuntamento, dove arriva con largo anticipo. Ora che è divenuto padrone di tutta quella roba, si chiede se i sacrifici e la fatica che ha fatto siano davvero valsi la pena. Durante il viaggio, mentre la carrozza su cui ha viaggiato si guadagna un varco nella nebbia, lui osserva la propria immagine riflessa sul vetro. Vi scorge i contorni di un uomo in là con gli anni, la fronte aggrottata, segnata da pesanti solchi di preoccupazione e occhi vispi di chi non ha ancora voglia di invecchiare. Ha un bel progetto in mente Cristoforo, e tra poco lo comunicherà alle persone con cui ha appuntamento al Fosso Bergamasco...

Un’utopia che prende forma alla fine dell’Ottocento in un fazzoletto, tra il Brembo e l’Adda, che per qualcuno è solo terra incolta, ma per il lungimirante e sognatore Cristoforo Crespi è un progetto che accomuna fatica, sudore, lavoro e dignità. Alessandra Selmi - titolare dell’agenzia letteraria Lorem Ipsum e insegnante di Scrittura editoriale all’Università Cattolica di Milano - sa maneggiare la penna e, soprattutto, grazie a essa sa far parlare il cuore e regala ai lettori una storia emozionante che racconta il coraggio e la libertà, il sacrificio e l’amore. In una parola, la vita. La storia racconta la nascita del villaggio operaio di Crespi d’Adda, realtà situata vicino a Bergamo, oggi patrimonio mondiale dell’Unesco e cresciuta grazie alle idee innovative e visionarie di un uomo che ha saputo coniugare l’interesse imprenditoriale all’utopia e all’orgoglio personale fino a dar vita a un microcosmo in cui vivere significa, prima di tutto, dignità. È un mondo autosufficiente quello che - con sacrificio, duro lavoro e rinunce - pian piano si forma al di qua del fiume. È una realtà in cui anche i figli degli operai possono sognare un futuro di affrancamento da un retaggio originato dall’ignoranza e dalla grettezza; è un triangolo di terra in cui le tempeste della Storia si affrontano insieme, in un microcosmo che intreccia destini e dolori con sogni possibili e tutti da realizzare. Una galleria di personaggi che bucano la pagina e si imprimono direttamente nel cuore dei lettori, che con loro vivono ogni sensazione, ogni conquista, ogni perdita e ogni lutto. Dai moti per il pane di fine Ottocento alla Prima guerra mondiale, i grandi stravolgimenti della Storia affiancano quelli più piccoli ma non meno intensi che gli abitanti del villaggio vivono e interiorizzano, in un crescendo d’emozioni raccontate con una semplicità che è insieme artigianato e maestria. Un grande romanzo, che celebra la dignità umana, soprattutto quando è il fallimento e non il successo a segnarne il passo, e la responsabilità di chi vuole mostrare la meravigliosa bellezza di cui si nutre chi coltiva un sogno.