
Faye sorseggia il caffè appena fatto mentre osserva Julienne nuotare senza braccioli nella loro piscina sotto lo sguardo un po’ apprensivo della nonna materna e avvertendone lo sciabordio e le risate ancora prima di uscire all’aperto. Il casolare antico acquistato a Ravi è esattamente come lei lo voleva, arredato grazie all’aiuto di uno dei migliori architetti italiani e a una buona dose di pazienza e dedizione, e con un panorama mozzafiato. Inoltre, è appollaiato su una collina tra le viti a una ventina di minuti di passeggiata da un piccolo paese con poco più di duecento abitanti, a volte qualche turista – nessuno dei quali svedese – condizioni che favoriscono il suo anonimato, requisito fondamentale: in Svezia è una celebrità, ma in Italia deve continuare a essere una sconosciuta. La figlia ha ormai sei anni, è bella, sana e felice, tutto quello che una madre desidera per i propri figli, ma soltanto lei e Kerstin sanno che sua madre e sua figlia sono vive, per il resto del mondo son state uccise da chi avrebbe dovuto amarle e questo delicato segreto deve rimanere tale, anche perché Jack, il padre di Julienne, sta scontando l’ergastolo per infanticidio ed è importante che resti in prigione...
Torna Faye Adelheim con la sua Revenge, la società fondata sulle ceneri del marito accusato di omicidio e tornano anche gli altri personaggi de La gabbia dorata di cui non mancano i riferimenti in questo secondo capitolo che, ancor più del primo, esibisce vendetta e rivincita. Non si smentisce Camilla Läckberg in questa nuova serie, con uno stile diretto, crudo, essenziale, senza fronzoli, un turpiloquio ben dosato e scene di sesso esplicite ma accattivanti, a volte appena entro i limiti. Focus della storia è la vendetta contro la misoginia e la violenza nei confronti delle donne, declinata in varie forme: fisica, psicologica, economica, sessuale, contro il maschilismo e la sottomissione femminile. Come nello stile della Läckberg, due linee temporali corrono parallele per poi intrecciarsi fino a fondersi: il passato ambientato a Fjällbacka e narrato in prima persona, ricco di sospesi e di dettagli che si rivelano solo un poco alla volta fino a ricostruire la storia e il presente scritto in terza persona. Incalzante e ricco di colpi di scena, spietato, a tratti crudele, tiene il lettore in scacco e sempre all’erta, e un finale inaspettato e sospeso lascia aperta la possibilità di un nuovo capitolo. Peccato per l’eccesso di femminismo e di girl power a ogni costo e qualche volta fuori luogo, dell’ostentazione di ricchezza e griffes come armi, dell’abuso di luoghi comuni e di un bel po’ di generalizzazione dove le donne sempre belle, intelligenti e sexy devono difendersi da uomini cattivi, stupidi e misogini: lo rendono a tratti paradossale e un po’ superficiale. “Lei non era così: Faye non si arrendeva. Si vendicava”.