Salta al contenuto principale

All you love is need

All you love is need

A-U-L-I-N. L’antinfiammatorio? No, un’agenzia pubblicitaria che strizza l’occhio al gioco di parole, tipico del suo titolare Andrea Panzironi, alias Risvoltino. Inutile spiegare perché la giovane copywriter Alessandra l’abbia battezzato così. All you Love Is Need racchiude in un gioco di parole la sua missione: creare sogni. Mai missione è stata così azzeccata, soprattutto adesso che è arrivato un nuovo cliente da lanciare sul mercato con la migliore idea creativa del momento: Dreamjob. Dreamjob non vende il lavoro dei sogni, ma fa diventare un sogno il lavoro. Nel vero senso del termine. Risvoltino è eccitato in maniera quasi incomprensibile al solo pensiero di lavorare alla campagna di lancio di ciò che, secondo lui, svolterà il mondo del lavoro. Dal parto dell’idea più geniale scaturirà l’assegnazione della direzione creativa dell’agenzia. Sul ring le coppie creative Daniele-Stocazzo (ovviamente il copyright del soprannome è sempre di Alessandra) e Luca Marinelli, si scontreranno con la copywriter Alessandra e Stefano Salatto. Ma per comprendere al meglio il brief c’è un passaggio fondamentale da compiere: convertirsi in utilizzatori di Dreamjob...

Il pensiero crea, quindi attenzione a quando sogniamo e invochiamo un mondo in cui le nostre giornate possano essere dedicate interamente alla vita personale. In All you love is need questo diventa realtà e si concretizza in Dreamjob. Un prodotto? No, un cambiamento epocale per il mondo del lavoro, per le aziende, per gli esseri umani. Arnaldo Funaro sembra raccontare con estrema goduria il suo mondo, quello della creatività e delle agenzie pubblicitarie, estremizzando stereotipi umani – non troppo stereotipi – e situazioni altrettanto stereotipate – ma non troppo. Ci scaraventa letteralmente in una distopia spaventosa. Quel tipo di distopia che per assurdo potrebbe concretizzarsi, almeno in parte. Il tema nodale è l’equilibrio tra la vita personale e quella professionale, equilibrio che in un mondo distopico potrebbe trovare la sua concretizzazione nella conversione del tempo apparentemente morto in tempo per il lavoro. Quale è il tempo “morto”? Ovviamente quello del sonno. Attraverso lo sguardo e le intuizioni della protagonista Alessandra, ambiziosa copywriter, Funaro ci mette di fronte a una realtà scomoda, legata all’incapacità (delle aziende? delle persone?) di trovare il proprio centro, di non lasciarsi fagocitare dal lavoro, sacrificando tutto il resto. Allo stesso tempo è chiaro quanto il lavoro, seppure nella sua invasione degli spazi personali, sia un elemento imprescindibile per la stessa soddisfazione dell’essere umano. A patto che non sia l’unico.