
Vive buttato sul divano in attesa di un lavoro adatto a lui, che sia nel suo settore: la letteratura, l’insegnamento, la scrittura. La moglie però è stufa di vederlo così, servono soldi per andare avanti e che lui lavori è diventato necessario. Con la testa piena di Hugo, Claudel e Zola va all’agenzia interinale e dopo qualche scontata citazione letteraria il lavoro lo trova. Una ditta bretone di produzione, trasformazione e cottura di gamberetti cerca personale. Attaccherà il giorno dopo alle sei del mattino. In fabbrica non ci va per fare un reportage giornalistico, ma per soldi, esclusivamente per soldi. Le condizioni di lavoro sono pesanti. Il freddo, l’odore del pesce, tutto è una catena, è la schiavitù moderna. Con il passare dei giorni l’urgenza di scrivere si fa più pressante e lui lo fa nella mente, mentre è alla linea. Il corpo si adatta, con qualche maglione in più sente meno freddo, l’odore della fabbrica non gli irrita più le narici, i carichi pesanti tonificano i suoi muscoli. Mangia qualche gamberetto di nascosto, farlo infatti è proibito, ma lo considera un piccolo risarcimento in natura. Tra poco passeranno a molluschi e crostacei e portarsi a casa qualche chela è escluso. “La mia fabbrica” inizia a chiamarla, la sua è una schiavitù volontaria, è fottuto. Allora scrive con foga e passione, determinato come lo è alla linea di produzione. Scrive come lavora, alla catena, sulla linea e a capo…
Joseph Ponthus, pseudonimo di Baptiste Cornet, è nato in Francia nel 1978 ed è morto prematuramente nel 2021. Ha studiato letteratura a Reims, ha svolto lavori sociali a Nancy e ha fatto l’educatore nella periferia di Parigi. Si è poi stabilito con la moglie Krystel a Lorient in Bretagna dove, per necessità, ha lavorato come interinale nell’industria agroalimentare. Alla linea il suo unico romanzo. Uscito in Francia nel 2019, ha suscitato grandi apprezzamenti e si è aggiudicato numerosi premi. La scrittura è sia in prosa che in versi liberi, rarefatta e pressante al tempo stesso. Il ritmo narrativo segue perfettamente quello della fabbrica e insieme alle tante canzoni diventano la colonna sonora di questo poema contemporaneo, di questo viaggio orrendo ed illuminante tra frutti di mare, tofu e carcasse di manzi. Poesia e autobiografia ci conducono nella lettura. Diario personale come sfogo delle frustrazioni e cronaca quotidiana del lavoro e dell’ambiente alienante della fabbrica. Un romanzo crudo e poetico che racconta di un operaio interinale che lavora in Bretagna. Un uomo che giorno dopo giorno elenca con precisione i gesti del lavoro alla catena di montaggio, i rumori frastornanti, la stanchezza immensa, i sogni inghiottiti dalla ripetizione di riti sempre uguali, la sofferenza del corpo e l’annullamento dell’anima. A salvarlo è il fatto di avere una ricchissima vita interiore, animata dai grandi autori latini, dalle canzoni di Trenet e molti altri, dai romanzi di Dumas e di Apollinaire. È la sua vittoria precaria sull’alienazione del lavoro ripetitivo. Una vittoria nutrita anche dalla gioia delle domeniche, che passano troppo velocemente, dall’affetto per un cane, dall’amore per sua moglie, dall’odore del mare, da una doccia o da una passeggiata. La purezza del romanzo di Joseph Ponthus, intimo, potente, cupo, corale e musicale è stata resa in italiano dalla pregevole traduzione di Ileana Zagaglia. Leggendo Alla linea si sente freddo e fanno male le giunture, ma l’autore riesce a portarci avanti con la forza dei sentimenti e del suo amore per la vita che non lo ha fatto impazzire.