Salta al contenuto principale

Alla ricerca di Nino Manfredi

Nino Manfredi ha origini ciociare, e su questo non ci piove. Nasce a Castro dei Volsci, in provincia di Frosinone, il 22 marzo 1921, e sarà sempre orgoglioso delle sue origini e legatissimo al proprio territorio. Vive con la famiglia a Roma dall’inizio degli Anni Trenta, in una casa di due stanze e senza il gabinetto. L’obiettivo del padre, maresciallo di pubblica sicurezza, è quello di far vivere i figli in un luogo migliore, di farli crescere, studiare e laureare, perché un laureato, diceva, anche in polizia se ne sta in ufficio a dare ordini, senza dover sempre dire “Signorsì”. Dante, il fratello di Saturnino (ma è sempre stato Nino per tutti), ama studiare, ma Nino no, proprio no, non è assolutamente interessato. Tant’è che al ginnasio, nel Collegio Santa Maria, i preti lo prendono continuamente a bacchettate sulle mani e lui scappa e alla fine loro lo cacciano! Ma il papà non demorde e Nino continua il liceo in scuole private, sempre messo a confronto con il fratello Dante. L’esperienza di qualche anno dopo, al sanatorio dell’Ospedale Carlo Forlanini, affetto dal morbo di Koch, è estremamente importante per il futuro attore e ancor di più lo è l’incontro con gli americani durante la Seconda Guerra mondiale. Lavorare per loro gli permette di mettere a frutto la tipica arte italiana dell’arrangiarsi, così frequente in quell’epoca: così, mentre fa l’autista ad alti gradi dell’esercito alleato, incontra per caso un suo amico della parrocchia, Franco Giacobini (che diventerà uno dei più noti caratteristi del cinema italiano), che sta andando all’Accademia di Arte Drammatica Silvio d’Amico per sostenere l’esame di ammissione. A Nino si apre così un mondo...

Una biografia ricca. Di spunti, di aneddoti, di riferimenti, di storia del cinema, del teatro e della televisione italiani, che formano tutti insieme questo lavoro profondo su uno degli attori più amati dall’Italia intera. Finalmente il giovane Andrea Ciaffaroni mette a posto la situazione, colmando le lacune e ristabilendo, con grande dovizia di particolari, alcune verità. Il volume, quasi “enciclopedico”, è un doveroso, bellissimo omaggio a Nino Manfredi nel centenario della sua nascita: si tratta di un artista che ha dato gran lustro al nostro Paese e l’autore ne ce spiega anche le motivazioni, che vanno dalla profondità umana alla scrupolosità professionale, alla bravura a 360 gradi. Non c’era nulla che non sapesse fare, nulla che non volesse controllare fino in fondo. Di sicuro era nato per questo mestiere, per il quale ha fortemente combattuto, lavorato e sofferto e che conosceva dalla A alla Z, mettendo in campo non soltanto l’abilità interpretativa, perché era capace (e a ragione) di “mettere il becco” su tutto, dal copione al montaggio, alla regia. Si respira, tra le righe, il “sacro fuoco dell’arte” che ha animato un manipolo di allievi dell’Accademia a crescere smisuratamente nella propria professione, con il massimo impegno e un amore di enormi proporzioni. È bella la grande mole di particolari, il soffermarsi sulla cosiddetta gavetta che ha portato Nino Manfredi e non solo lui, a saltare spesso il pranzo e la cena, a lavorare gratis pur di portare a termine un impegno preso o un’attività individuata come utile per la propria carriera. Ed è inevitabile poi paragonare i tanti sacrifici che si leggono, con quelli che oggi non si fanno più... E il grande Nino Manfredi ci viene raccontato con così tanta veridicità che sembra proprio di sentire la sua voce che si racconta. È vero che Andrea Ciaffaroni ha ammesso di averlo amato molto sin da bambino ed è interessante il profondo rispetto con cui ne parla, ma è soprattutto da sottolineare la capacità con cui racconta certi particolari inediti, così che il sorriso accompagna tutta la lettura.

LEGGI L’INTERVISTA AD ANDREA CIAFFARONI