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Alla vigilia

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Elena è la figlia di una nobile famiglia aristocratica russa, gli Stachov: nonostante la vita agiata, fin da bambina ha mostrato notevoli doti umane, andando in soccorso dei più deboli e dei mendicanti. A vent’anni non vuole ancora saperne di sposarsi, perché preferisce aspettare il vero amore, preferisce coltivare le amicizie. La sua dacia ospita un promettente filosofo studente universitario, Andrej Bersenev, e uno scapestrato artista, Pavel Šubin. Le discussioni, condotte fra una passeggiata in giardino e degli estenuanti pomeriggi in salotto, sono sempre ricche di spunti e di velate allusioni: non ci si annoia, ma non si avverte neanche nessuna tensione. Il tutto sotto la supervisione di Anna Vasil’evna, la padrona di casa. Il padre, Nikolaj Artem’evic Stachov, presta servizio a Mosca, ed è spesso impegnato con l’affascinante Avgustina. Ben presto diventa ospite fisso dei pomeriggi in dacia anche Dmitrij Isnarov, un giovane studente bulgaro che è approdato in Russia per studiare storia, diritto, economia e filosofia all’università di Mosca. Il giovane Isnarov è uomo gentile, ma deciso: la sua vita è consacrata alla sua patria, la Bulgaria, da troppo tempo oppressa dai Turchi. Ma i suoi discorsi non sono mai grevi, anzi sembrano gettare dei semi di impegnato buon senso fra i giovani, ormai sulla china dell’età adulta delle responsabilità. Proprio in Crimea, in quell’anno, il 1853, sta per scoppiare una guerra che è destinata a coinvolgere tutte le nazioni europee, i paesi balcanici e la stessa Russia. Una guerra che interromperà l’idillio delle discussioni da salotto chiamando Elena, Dmitrji, ma anche gli altri, a scelte che saranno determinanti per il resto della loro vita…

Ivan Turgenev non ha la profondità introspettiva di Fëdor Dostoevskij, neppure la lentezza epica di Lev Tolstoj, ma i suoi scritti vantano un acume ed un brio, una venatura sarcastica, che rendono la lettura piacevole e formativa. Costretto nell’incavo fra la maturazione del Romanticismo ed il suo stesso superamento, Turgenev porta su carta personaggi vivi, vivaci e tragici, senza però dare loro il peso di un contesto storico opprimente, anzi esasperando le contraddizioni di quei tempi: si parla di amore, di Patria, di famiglia, di liberazione e di libertà, di aristocrazia e servi, ma con la feroce confusione che nasce nella seconda metà dell’Ottocento. Il dialogo iniziale fra lo scapestrato Šubin, portatore di un’idea di amore libero, romantico e allo stesso tempo geloso e disincantato, e l’amico Bersenev, destinato alla carriera universitaria, introduce da subito il lettore in queste idiosincrasie e prelude quasi alla conclusione drammatica nell’idillio. Il rifugio nella campagna è breve, perché la vita chiama altrove, anche fuori dalla Russia. Se Elena e Isnarov sono gli eroi romantici che sacrificano la loro vita per un bene superiore, gli altri e la Patria, Šubin e Bersenev sono il futuro sociale di un Paese che ha bisogno di nuovi ideali: non a caso nessuno dei quattro al termine del romanzo sarà collocato in Russia. Alla vigilia è un romanzo breve, quasi di cerniera fra la crisi del Romanticismo e l’inizio di una nuova sensibilità culturale, dove non ci sono per forza dei cattivi o dei personaggi negativi, ma a tutti è concesso di combattere e superare le proprie paure ed i propri limiti.