
Shih Huang Ti, imperatore cinese contemporaneo di Annibale, fece costruire la Grande Muraglia per difendere il suo regno dai barbari e ordinò uno fra i più disastrosi roghi di libri, per proteggere i Sei Regni dall’influsso del tempo. Pascal nutrì spietatamente la sua ossessione per la sfericità della natura, secondo la quale il centro sta dappertutto e la circonferenza in nessun luogo: chiosa tremenda e scoraggiante per Platone, con la sua ben più incoraggiante idea di sfera. Il fiore di Coleridge sopravvive alla terrificante e indecifrabile soglia che separa la realtà dal sogno. Al risveglio dell’ipotetico protagonista, l’ipotetico fiore che sopravvive l’ipotetico attraversamento della porta fantastica si dimostra un inspiegabile paradosso sul quale crollano realtà, finzione, camera da letto, sogno. Hawthorne compone il suo Wakefield e anticipa di almeno cinquant’anni Kafka e l’ansia dell’uomo moderno per lo scorrere del tempo e l’uniformarsi nella folla senza volto. Dio si fa nessuno così da poter ottemperare la definizione che si attribuisce a esso stesso. E i fossili di dinosauro sono lo spunto che permette a P.H. Gosse, mediocre naturalista, di immaginare una balzana, sgraziata e ingenua definizione di creatio ex-nihilo che ha l’unico merito di essere appunto balzana, sgraziata e ingenua...
Altre Inquisizioni di J.L. Borges esce per la prima volta a Buenos Aires nel 1952 e ospita materiale che l’autore ha composto e pubblicato in modo sparso dal 1934. È il seguito di Inquisizioni, raccolta edita nel 1925 di saggi misti su figure della cultura e della letteratura argentina. Il volume aveva riscosso un notevole e inaspettato successo di critica e pubblico, fatto insolito considerando la sua natura. Perciò, Borges è incoraggiato a proseguire e compita una nuova raccolta. Ora, è libero di spaziare. Come il precedente, Altre inquisizioni è un contenitore che raccoglie brevi articoli e saggi a vario tema; le inquisiciones, però, sono più internazionali e variegate che nel predecessore. Nei 35 capitoli, Borges esamina e ragiona sui temi che gli sono cari e che lo accompagnano per tutta la vita. Il tempo. L’identità. Il paradosso. I libri. I labirinti, possibilmente geometrici, paradossali o entrambi. Le spade. La storia, possibilmente di Buenos Aires o dell’Inghilterra sassone. La poesia. Scrive e riscrive, permutando ognuno di questi concetti come fosse un saggio talmudico. Queste le note tanto familiari e con le quali, pazientemente e in modo a tratti ipnotico, intreccia gli accordi che compongono il libro. Il saggio si fa arte del raccontare la storia di una storia. Si trasforma, in continuazione, e si tramuta e cambia e diventa una amabile azione di compilazione. Libri dentro, fuori e paralleli ad altri libri. Storie che si innestano le une nelle altre, in un inestricabile gioco di specchi dove, come il fiore di Coleridge, la soglia fra realtà e finzione si assottiglia fino a svanire. Lo stile, come sempre in Borges, è sobrio ed elegante. È insolitamente piacevole, considerando la varietà degli argomenti trattati e, talvolta, la loro specificità che può risultare ostile e scoraggiante. La difficoltà dei temi che Altre inquisizioni ospita, passano rapidamente in secondo piano e sono stemperate dal tono di voce piano, familiare e tranquillo del loro autore. Rimane, quieta e ammaliante e serena e gentile, soltanto la voce di Borges. Mai assertivo, mai assoluto, esploratore e sperimentatore nella sua stessa pagina, ci accompagna durante questo tragitto eterogeneo, surreale e stupefacente attraverso la cultura dei secoli.