
Valentina vive e lavora nello stesso quartiere e per questo, organizzandosi, riesce a fare tutto a piedi: la spesa, la messa in piega, vedere suo fratello medico che abita in un attico a pochi passi da casa sua, scoprire le nuove botteghe che aprono nella zona. Ed è proprio in uno di questi nuovi negozietti di frutta che sta andando Valentina per comprare dei kiwi quando dall’altra parte della strada gli arriva chiara e forte la voce di suo marito. Che ci fa a quell’ora nella strada di casa, non dovrebbe essere in ufficio? Per un inspiegabile istinto la donna si nasconde dietro un furgoncino parcheggiato nel suo lato della via e osserva suo marito discutere animatamente con una donna che a lei sembra familiare: lunghi capelli ricci, gonna corta e aderente, calze velate con la riga e tacchi alti. La volgarotta. Così la chiamava sua suocera. In realtà, a lei sembra di ricordare che si chiamasse Paola. Era arrivata nell’azienda di famiglia in sostituzione di maternità e in un ruolo del tutto marginale che non le faceva avere pressoché alcun contatto né con lei né con suo marito. Eppure, eccoli lì entrambi per strada a discutere in atteggiamento ambiguo. Sempre per istinto Valentina decide di comporre il numero di telefono di suo marito e mentre gli vede fare cenno alla donna che gli è accanto di tacere, risponde a sua moglie inventandosi una banale bugia su dove si trova e con chi. Eppure lei lo sta osservando, proprio in quel preciso momento, al di là della strada. Riattacca sconvolta, confusa e sinceramente disorientata. Che ci fa suo marito con Paola? Tra l’altro la donna è andata via dall’ufficio e dal quel lavoro temporaneo ormai da molto tempo. Presa da questi pensieri e completamente distratta pone un piede in fallo e cade rovinosamente facendosi molto male. Dall’altra parte della strada nessuno si accorge di quanto accaduto e Valentina rimane così, a terra, appoggiata con le spalle al muro di un negozio, dolorante e sanguinante ma soprattutto con il cuore completamente a pezzi. Suo marito ha una relazione con Paola? E da quando? E perché lei non si è accorta assolutamente di nulla?
Amiche di una vita racconta appunto di amicizia tra donne ma soprattutto racconta di Destino, quello con la maiuscola, quello che gli antichi greci chiamavano Fato e a cui attribuivano un potere che nessun gesto, azione o decisione umana avrebbe mai potuto indebolire. Ed è questa forza ineluttabile e prestabilita a far incontrare Arianna, Cristiana e Valentina da ragazze e a unirle prima in una amicizia fortissima e sublime e in seguito, da adulte, in un fatale percorso di dolore, fallimento, malattia e tradimento. Ma anche il Destino e la sua forza, se si è pronti a combattere sul serio, alla fine possono essere modificati. L’intensità del romanzo della Mariani si basa su questa sorta di poetica da vite parallele “alla Plutarco” ripensate in una società in cui la famiglia diventa una nemica da cui difendersi invece che un rifugio accogliente dove curare le proprie fragilità, e l’amore diventa la strada maestra per arrivare alla follia. E allora per non soccombere restano solo due punti fermi: l’amicizia granitica che diventa solidarietà tra donne e la volontà di riscatto personale che si trasforma in potenza interiore e infine in vittoria. Tre amiche, tre destini differenti eppure simili, tre vite da ricostruire, tre traguardi da raggiungere con determinazione e “poesia”. Arianna, Cristiana e Valentina dovranno passare attraverso “il fuoco” per purificarsi dai rapporti tossici e distruttivi che riempivano le loro esistenze ma sarà proprio quel fuoco a farle rinascere, novelle fenici, finalmente Donne. Consapevoli della loro forza. Determinate. Coraggiose come non mai. Ora, si potrebbe obiettare alla Mariani di avere confezionato un romanzo in cui la poetica della formazione è affidata volontariamente al Dolore, senza il quale non si matura e non si trionfa, ma in realtà l’intento autoriale è molto più profondo e sublime: la migliore delle condizioni possibili ci permette di essere veramente noi stesse? È questo il vero quesito che serpeggia in tutte le pagine del romanzo, “l’elefante nella stanza” che i lettori devono costringersi a guardare. Gabbia dorata sì perché è preziosa e luccica… o nessuna gabbia e nessun privilegio pur di essere libere e se stesse? Mariani nasconde la risposta quasi in ogni pagina, ma è soltanto la sua di “verità” e non la impone in nessun modo al lettore che, infatti, a stento o per nulla la nota. Il responso è uno, nessuno e centomila. E può arrivare solo da chi legge.