
L’amore è eterno, è vita, è purezza e Sibilla lo sa. Sente quel sentimento profondo che le riempie l’anima, che si rinnova ogni giorno e in ogni momento. Ama quell’uomo, in maniera viscerale, con una forza che non conosce ostacoli e nemmeno debolezze. Le viscere si lacerano nell’attesa della sua venuta o di un semplice suo cenno. Adora ascoltare la sua voce, cosa che le manca e in quell’attesa, il silenzio si fa assordante. È quello che sente, è quello che prova e non si vergogna di urlare al mondo il suo affetto in tutta la sua purezza. Il suo animo inquieto è lì, in attesa di essere accolto tra le braccia possenti dell’uomo. Sibilla ha già amato in maniera travolgente e Luciano deve saperlo, perché lei è una donna che non ama a metà. Ha amato ed è stata amata, è sempre stata una donna desiderata. La sua vita, però, non è fatta solo di amore: è pura essenza, che profuma, anche, di praticità. Lavora tanto Sibilla e confida al suo amato, che nonostante tutti gli sforzi, rimane una donna povera, senza alcuna prospettiva di miglioramento. Questo, però, non è così importante, perché ora, il suo più grande desiderio è fare l’amore con lui. Un desiderio ardente, che confessa apertamente, chiedendogli se manterrà la promessa, se i loro corpi nudi si abbracceranno, se conosceranno l’estasi data dal tocco gentile. Per il momento, tra loro, c’è stato solo un bacio, meraviglioso, passionale, tenero, ma solo un bacio. E ci spera Sibilla, spera di perdersi nell’idillio delle emozioni, nelle onde dell’intenso piacere, che solo il vero e puro sentimento sa dare. “Quando? Quando le mie mani toccheranno il tuo corpo nudo? Crudele mi hai stretta a te ma non hai lasciato che sentissi neppure un centimetro della tua pelle, più giù dal mento”...
Sono quarantatré le lettere che compongono questo Amo dunque sono, missive che Sibilla Aleramo scrive per riempire il vuoto creato dall’attesa di Luciano, (in realtà lo scrittore Giulio Parise), il suo amante. La scrittrice non sa nulla di lui da diversi giorni, perché l’uomo è in ritiro spirituale, dove resterà per circa un mese. Sono epistole di grande intensità emotiva, in cui la Aleramo scava nei meandri più profondi del sentimento amoroso. Ed è proprio questo l’impulso primario intorno a cui si snoda il libro e di cui l’autrice parla in maniera schietta. Non fa descrizioni sdolcinate; spesso l’amore è disegnato come un’emozione che fa male, forte al punto da distruggere. Nonostante il dolore e la sofferenza, Sibilla non vuole rinunciare ad amare, non vuole lasciar andare quell’uomo che desidera così ardentemente. Sicuramente, aprirsi a un sentimento così profondo costituisce un pericolo, sarebbe meglio non farlo, ma cosa sarebbe la vita senza amore? Ci si mette in gioco con il rischio di uscirne feriti e offesi, ma questo è vivere. La sua voglia di amare, la sua grande passionalità, la rende una donna forte, nei confronti della vita e degli altri. Un libro di grande potenza e profondità, che offre diversi spunti di riflessione. La scrittura della Aleramo si fa graffiante, il suo stile essenziale e superbo, quasi a non voler tradire la durezza dei delicati argomenti trattati. In questo epistolario si ritrova la Aleramo in tutta la sua interezza di donna e scrittrice.