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Amodio

Amodio
Armando torna a Crotone, manca da quattro anni e ad aspettarlo ci sono solo Ana e Vincenzina, un tempo Vincenzo. Crotone, la città di Pitagora, è una citta minuscola, un paesotto che diventa microscopico quando c’è qualcosa da raccontare. Non è, insomma, un bel posto dove essere diverso: Armando lo scopre a otto anni, quando iniziano a chiamarlo “ricchione”; Vicenzo lo scopre invece a diciotto, quando la madre e il padre lo mettono alla porta con cinquecento euro in una busta. “Dio ti ha creato così e così devi morire”. Amodio Costa, bello come un dio greco, figlio di ferventi cattolici e ferventi mafiosi, scopre di essere diverso quando inizia a preferire la boxe agli affari di famiglia; e ancora più diverso quando inizia a preferire Armando alle ragazze.

Ho iniziato a leggere Amodio con qualche perplessità, pensando che fosse una forzatura mettere nello stesso romanzo un omosessuale e un omosessuale figlio di mafiosi. Invece la storia tra Armando e Amodio funziona. È una relazione breve, che segna la fine dell’adolescenza e che prende appena un paio di capitoli sulla fine del romanzo; più interessante è capire come hanno fatto Armando e Amodio a finire insieme. Sullo sfondo c’è Crotone: i vicoli dove Vincenzina fa pianobar, il molo da dove si sogna la Grecia e i luoghi bui dove spariscono i giovani d’onore. Amodio è un romanzo di formazione che si legge volentieri. Maurizio Fiorino ha una scrittura pulita e leggera, che restituisce molto bene ambienti e personaggi senza cedere agli stereotipi.