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Amori ridicoli

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Il suo amico Martin ha un’abilità che a lui manca del tutto: sa fermare qualsiasi donna in qualsiasi strada. Ha una sfrontatezza di cui lui non ha mai goduto, per quanto le donne gli piacciano tanto quanto piacciono a Martin. Quest’ultimo, tuttavia, le tratta come fa un attaccante con il pallone. Appena ne è entrato in possesso, lo passa al proprio compagno di squadra, con disinteresse, tanto da permettergli di fare rete con facilità e di raccogliere una facile gloria. Ora lui sta aspettando Martin, seduto in un caffè di piazza San Venceslao, e intanto sfoglia un grosso libro tedesco che parla dell’antica civiltà etrusca. La Biblioteca Nazionale è riuscita, non senza sforzo, a ottenerlo in prestito dalla Germania, appunto. Martin è in ritardo, così lui ne approfitta per sfogliare il volume e per cominciare a leggere le parti che lo interessano maggiormente. Ma eccolo in arrivo. Martin appare all’improvviso nella porta a vetri del caffè e, mentre si avvicina all’amico, fa strane smorfie in direzione di un tavolino dove c’è una donna che sorseggia un caffè… Attraverso la finestra aperta entra nella stanza l’estate odorosa e calda. In cielo campeggia la luna e, nella stanza di guardia, sono riunite cinque persone. Ci sono il dottor Havel e l’infermiera Elisabet, che hanno il turno di notte. Poi ci sono il primario – un uomo calvo, sposato e “vittima”, dice lui, di un matrimonio felice, e pertanto senza alcuna speranza di divorzio – e una trentenne carina, medico in un altro reparto e impegnata in una relazione clandestina con il primario. Non che la notizia sia segreta: l’intero ospedale ne è a conoscenza. Poi c’è anche un quinto personaggio: è il più giovane del gruppo ed è appena stato inviato in missione, con il compito di cercare una bottiglia. Verso metà serata, si avverte nella stanza una certa tensione: Elisabet ha bevuto un po’ troppo e ha cominciato a civettare in modo eccessivo con Havel, che si è parecchio infastidito…

Sette racconti, tutti ambientati nella Cecoslovacchia comunista, che vedono come protagonisti i rappresentanti della più variegata umanità. Si tratta di impiegati, medici, insegnanti, tutti accomunati dallo stesso desiderio: quello di definire ciascuno la propria identità al di là del ruolo che, in maniera pubblica e/o per ragioni smaccatamente politiche, sono costretti ad interpretare. Altro elemento comune che gravita intorno ai protagonisti dei racconti è il paradosso dell’amore e della ricerca di un qualche tipo di comunione con l’altro, all’interno dei confini posti dagli obblighi che si pensa di avere e dal libero arbitrio che dovrebbe caratterizzare la vita di ciascuno. L’amore, nei racconti di Kundera, è qualcosa che va oltre la semplice storia di una coppia; è qualcosa che supera la corporeità e le limitazioni imposte dalla più classica delle relazioni a due. I protagonisti si rendono ridicoli a causa dell’assurdità, tutta umana, di costruire e inventare ipotesi, dissertazioni filosofiche e anche inganni intorno a quello che è solo e soltanto puro desiderio. Non importa quanta filosofia, infatti, venga eretta intorno al desiderio: è sempre nel mero congiungimento dell’atto erotico che ogni azione immancabilmente trova il proprio compimento. L’uomo fatica ad accettarne l’aspetto non intelligibile, cerca di attribuirgli un senso che vada oltre, che ne esalti la natura, quando invece essa rimane sempre piuttosto basica e primordiale. Ecco, allora, perché amori ridicoli: ogni personaggio, raccontato con una leggerezza che cela in realtà riflessioni ben più profonde, si fa portatore di un dualismo dominato dall’inganno, dal quale non è semplice liberarsi. L’amore è raccontato nella sua effimera totalità e, come al solito, Kundera si astiene dall’esprimere giudizi. Si limita a fotografare uno stato di cose, senza intromissioni, e a lasciare ai propri personaggi la più totale libertà d’azione.