
Caldan, affaticato e messo a dura prova, tiene lo sguardo fisso su Amara cercando di ignorare il dolore acuto alla spalla e la sensazione imbarazzante di farsi nuovamente sconfiggere se pur durante un semplice allenamento. La ragazza è davvero brava con la spada di legno, si muove agilmente quasi danzasse e apparentemente senza fatica assesta un colpo deciso sulle costole di Caldan che grugnisce e si accascia per il dolore. Con ancora in testa le raccomandazioni di maestro Krige, se ne torna in camera sua rimuginando su cosa esattamente intenda il monaco con l’espressione “raggiungere lo spirito” e sentendo ancor più pesante la pressione per le aspettative che i maestri sembrano aver riposto in lui. D’altra parte non può che essere riconoscente a quei monaci che, dopo la morte misteriosa dei genitori, lo hanno accolto fra le mura del monastero. Qui, protetto dal mondo esterno, non solo sta imparando a combattere – sebbene ancora soccomba all’abilissima Amara – ma è iniziato alle arti magiche ed istruito e seguito come gli altri ricchi ragazzi che dimorano nel convento. Adora frequentare le aule di creazioni magiche, addentrarsi tra i corridoi in penombra illuminati solo da fioche luci provenienti dalle polverose lampade ad olio di balena, già pregustando le storie raccontate da maestra Kilia. Le storie, lo sa bene Caldan, contengono sempre un fondo di verità e qualsiasi magia possa essere andata perduta dopo la Devastazione può sicuramente essere riscoperta...
Cresciuto a pane e Tolkien, Mitchell Hogan sogna di diventare scrittore di storie fantasy sin da ragazzino e corona il suo sogno proprio con la pubblicazione di Anime perdute – primo della trilogia Sorcery Ascendace Sequence – suo esordio letterario e con il quale ha vinto il prestigioso Aurealis Award come miglior romanzo fantasy. L’impianto è quello dell’epic fantasy classico: il protagonista Caldan infatti, ben lontano dalla figura del guerriero possente ed imbattibile, è un ragazzo orfano cresciuto in un monastero e con mille domande sul suo passato e sulla morte violenta e misteriosa dei suoi genitori; e sempre secondo i canoni del genere, l’allontanamento forzato dal monastero con i pochi averi lasciati in eredità dalla famiglia lo costringe ad un viaggio che sarà sì ricco di ostacoli, prove e scontri ma che costituirà soprattutto un percorso di crescita personale, di ricerca delle proprie radici. Al viaggio di Caldan si affiancano altri personaggi, altre storie che corrono parallele e che finiranno poi in un modo o in un altro per sfiorare o a volte per scontrarsi con quella dell’orfano, ravvivando il ritmo narrativo un po’ lento della prima parte del romanzo. Naturalmente la magia – che solo una persona di profonda saggezza e conoscenza oltre che di levatura morale è in grado di mettere al servizio del Bene – costituisce un elemento importante del tessuto narrativo e si respira sin dalle prime pagine del prologo. Le due cartine allegate permettono inoltre di assimilare una geografia che non sempre appare chiarissima durante la lettura di quello che è comunque un buon fantasy e con un finale aperto che decisamente incuriosisce e crea aspettative.