
Il corpo di Polinice, morto nel duello fratricida con Eteocle, giace esanime al di fuori delle mura di Tebe. Il re Creonte ha disposto con pubblica ordinanza che esso resti lì e non vengano concessi onori funebri a colui che ha tradito la patria. Ma la sorella Antigone, anch’essa nata dall’amore incestuoso tra Edipo e la madre Giocasta, sfugge alla sorveglianza e seppellisce la salma del fratello. L’azione scatena la severissima reazione di Creonte, il quale impone alle guardie di disseppellire il cadavere e di scoprire l’autore del reato. Antigone viene scovata a piangere sul corpo del fratello, ritenuta colpevole e condotta dinanzi al sovrano. La fanciulla rivendica le ragioni umane, che non possono essere vincolate alle ordinanze del re, mentre questi invece ne rivendica la legittimità in quanto soggette al presidio divino. A quel punto si presenta al cospetto del sovrano il figlio Emone, fidanzato di Antigone, per indurre il padre a mutare la sua decisione non tanto per il sentimento d’amore che egli prova per la promessa sposa, quanto nell’interesse dello stesso re, essendo il popolo, sia pur nascostamente e cautamente, solidale con la figlia di Edipo. Tuttavia, nemmeno questa motivazione riesce a scalfire l’ottusa intransigenza di Caronte: “Dunque comanderà per me il popolo?”. Pertanto dinanzi a tale perentoria risolutezza il figlio decide di andarsene non prima però di pronunciare parole che preludono ad un suo suicidio…
Tra le sette tragedie di Sofocle – nato a Colono nel 496 a.C. e morto ad Atene nel 406 a.C. – che sono giunte in forma manoscritta integre fino ai giorni nostri, Antigone è sicuramente la più celebre e la più bella. In essa il tragediografo dell’antica Grecia, con sublime tecnica drammatica, illumina la protagonista di una splendida luce umana e di una impavida assolutezza morale. La sua aspirazione suprema alla coerenza morale, che la conduce ad anteporre il proprio intelletto e i propri criteri etici alla legge, risulta inoltre ancor più alta e nobile in quanto appartenente ad una donna. L’eroicità della giovane giganteggia nel confronto con Creonte, il quale appare ben al contrario chiuso nella mediocre ottusità di chi si erge ad arbitro delle sorti umane facendo leva sulla potenza che gli deriva dalla sua posizione e a protettore degli eterni precetti divini. Dunque, il contrasto tra le loro due idee viene utilizzato da Sofocle per rappresentare quello tra linee politiche e principi morali in atto nella società ateniese del tempo del suo tempo: quello del regime democratico instaurato da Pericle. Egli mostra l’uomo alle prese con una tragica condizione di indipendenza dinanzi all’osservanza delle leggi emanate da lui stesso. Una posizione in cui la sua grandezza è anche la sua rovina. Dove la necessità di normare la vita sociale non può che generare un confronto non facile con la tradizione. Sia che si parli di assolutismo o di cesarismo oppure di Stato democratico, in fondo si tratta di diverse forme di fenomeni che si ripetono nel corso della storia, anche se in determinati periodi essi acquistano maggiore preminenza rispetto ad altri. Come pure dell’eterno confronto tra principi morali da salvaguardare e responsabilità verso la comunità e le leggi che ne regolano la convivenza. Bene ha fatto, dunque, l’editore La Vita Felice a riproporre la lettura dell’opera in questo momento storico. Approfittatene.