
Cile, 11 settembre 1973. La Marina a Valparaíso si solleva, ma è un diversivo: i “traditori guidati da Pinochet” si stanno dirigendo al Palazzo della Moneda, a Santiago del Cile. Alle 11 iniziano i bombardamenti, Salvador Allende muore. L’Estadio Nacional de Chile viene trasformato in un “grande campo di concentramento”. Il 14 settembre vi entra Pedro Guerra Figueroa, militante nella Gioventù socialista che quell’11 settembre attendeva Allende al Banco del Estado – meta di un estremo, mai realizzato tentativo di portare in salvo il Presidente. Lì assisterà alle peggiori torture ai danni di uomini, donne, bambini... Omar Venturelli, insegnante, emigrato dall’appennino modenese, scomparso in Cile il 4 ottobre 1973. È sua figlia a raccontarne la storia. Dopo l’11 settembre, Omar si presenta volontariamente in caserma su consiglio del padre. Da lì, il vuoto. Viene probabilmente detenuto al carcere Tucapel, quindi si suppone che abbia viaggiato con una delle “carovane della morte”, che “aveva lo scopo di insegnare ai militari le torture e le metodologie repressive più incredibili”. Ci vorranno più di vent’anni per denunciare il fatto in assenza di un corpo… Ogni 20 maggio dal 1996 l’Uruguay si ferma per la “Marcia del Silenzio”: per le strade di Montevideo si sfila con margherite e foto in bianco e nero, per chiedere verità e giustizia per i desaparecidos. Organizza la marcia l’associazione “Dónde están?”, fondata, tra gli altri, da Zelmar Michelini, figlio dell’omonimo ex senatore uruguaiano, autore del primo discorso ufficiale sulla dittatura, sequestrato il 18 maggio 1976… Hilario Bourg è un architetto, vive a Milano. Dal 24 marzo 1976, giorno del golpe civico–militare che dà inizio al regime di Videla in Argentina, sette sono i familiari scomparsi nella sua famiglia, “di cui due ritrovati: uno vivo e uno morto”...
A dar corpo a questo breve volume sono le testimonianze più significative raccolte nell’ambito del progetto Archivio Desaparecido, un archivio multimediale libero e gratuito nato dall’iniziativa del Centro di giornalismo permanente di Roma e curato dai bravi giornalisti Elena Basso, Marco Mastrandrea e Alfredo Sprovieri. Un intenso lavoro d’inchiesta sui desaparecidos di origine italiana, durato tre anni e iniziato, come raccontano i curatori nella prefazione al volume, nel 2019, precisamente il 24 marzo: ricorrenza dell’anniversario del golpe argentino del 1976 e giorno in cui un gruppo di persone si raduna in provincia di Ferrara. “Non sono persone qualunque”, scrivono gli autori, ma “esuli politici sudamericani arrivati in Italia negli anni Settanta” con le loro famiglie. Nello stesso periodo va infatti svolgendosi a Roma il maxi–processo Cóndor, che prende il nome dal “Plan Cóndor”, il piano segreto di alleanza stipulato fra le forze di intelligence di Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia, Brasile, Ecuador e Perù per dare la caccia agli oppositori rifugiatisi nei Paesi vicini. Basso, Mastrandrea e Sprovieri chiamano a raccolta le voci di chi ancora oggi insegue verità e giustizia per raccontare la verità sulla desaparición, il filo di dolorosa incertezza, il “vuoto” che lega le loro testimonianze. Perché il desaparecido non è “né morto né vivo”, dal momento del sequestro e della detenzione nei campi clandestini semplicemente smette di esistere. Fotografie, effetti personali, ogni traccia svanisce. Il più delle volte non c’è un corpo – abbandonato in fosse comuni, sparito durante i “voli della morte”. Dalle tre sezioni del volume – Cile, Uruguay, Argentina – emergono le odissee di intere famiglie, lucide testimoni di torture, persecuzione, giochi di potere e sparizioni sistematiche, di coraggiosa resistenza a dittature i cui risvolti più spietati ancora gravano sull’assetto odierno del continente sudamericano. Un’inchiesta puntuale e preziosa per tener viva la memoria di ciò che è stato – anche a fronte di un ancora altissimo numero di negazionisti – e il cui intento è perfettamente riassunto da una delle “Madres de Plaza de Mayo” nelle risposte conclusive della sua intervista: “Mai più odio, mai più silenzio”. Solo così giustizia potrà esser fatta. Per chi volesse approfondire l’argomento, sul sito ufficiale del progetto (www.archiviodesaparecido.com) troverà ulteriori interviste, corredate da suggestive fotografie e video testimonianze.