
L’Argomentazione è quella che il medico inglese Linès-Fellow espone in un memoriale redatto con l’intento di spiegare e chiarire, in qualità di persona coinvolta, testimone e scienziato, i fatti esecrabili dei quali è ritenuto evidentemente responsabile. Passo indietro: nella noiosa cittadina costiera nella quale il dottore esercita, è stata organizzata una maratona che, partendo dal parco cittadino dissestato dalle radici emergenti, si snoda per 42,195 Km su un insidioso percorso che comprende l’acciottolato urbano, la parte ghiaiosa, il lungomare cementato, le dune di sabbia e la gradinata che sale verso la chiesa di Saint Mary Beach (proprio così…). Mell Fellops, paziente che il medico frequenta e osserva anche al di fuori della professione, vi partecipa: lo spettacolo penoso che offrirà sarà qualcosa di crudele e poco decoroso, difficilmente sostenibile dallo sguardo. Una tortura. Secondo la tesi di Linès-Fellow la responsabilità dell’ignobile scena che si protrarrà per interminabili giorni oltre l’umano strazio, è da individuarsi nell’ostinazione dello stesso Fellops e nel comitato sportivo cittadino che non ha posto limiti e condizioni di partecipazione alla gara. Perché c’è un piccolo dettaglio: Mell Fellops è tendenzialmente un disturbato mentale afflitto da manie ossessive ed è caparbio, tanto da essere sempre pronto a compensare il suo senso di inferiorità con l’attitudine a cimentarsi con cieca disciplina in imprese che gli costano sforzi disumani se commisurati ai risultati sempre penosi che consegue in ogni campo. Inoltre Fellops deambula con la sedia a rotelle avendo tempo addietro perso le gambe a causa di una scommessa stupida che era stato indotto ad accettare. Sì, perché purtroppo Mell Fellops è anche tanto competitivo quanto fortemente influenzabile. In questo caso però, il dottor Linès-Fellow sostiene di aver semplicemente consigliato al suo paziente di svolgere attività fisica all’aria aperta: la concomitanza con l’annunciata maratona cittadina è stata del tutto casuale ed un eventuale successivo tentativo di dissuadere Fellops dal parteciparvi sarebbe stato altamente frustrante ed offensivo nei suoi confronti... E poi, non è forse una bella cosa la spinta al superamento dei propri limiti, l’etica attualissima del “farcela ad ogni costo”?
Esilarante e geniale. Un distillato purissimo di umorismo macabro, nero, cinico, sottile ed atroce, tagliato con precisione chirurgica e distacco totale. Il tono della requisitoria (peccato qualche errore nella coniugazione dei verbi in italiano) è adagiato alla perfezione sulle frequenze dell’analisi razionale, della pretesa d’oggettività asettica e formalmente corretta. Un lucidissimo delirio dotato d’impeccabile linearità. La reazione esplosiva è ottenuta con l’elemento dato dall’altra possibile interpretazione dei fatti che, dietro questa esposizione pacata, trapela nonostante le manipolazioni e i tentativi di depistaggio che l’autore delle “argomentazioni” mette in atto per celare una vicenda aberrante che, rimanendo affidata all’intuizione del lettore ed alle conclusioni che si possono trarre, deflagra in modo bieco ed esilarante nella narrazione desunta che corre in parallelo sullo sfondo. Geniale il coraggio di Jean-Marc Aubert di tuffarsi con stile superlativo dentro l’abiezione umana fine a se stessa – dando divertimento a chi non ostenta un volto liscio che cela un’anima brufolosa –, incurante degli stilemi della vigente società della comunicazione che, indifferente ed arida nella sostanza, esige operazioni di conformismo culturale dettate dal “politicamente corretto” che, con la messa al bando dei contenuti “non opportuni”, va via via omologando la produzione cinematografica e letteraria con l’intento assurdo di far aderire la realtà all’immagine edificante che l’onda del momento suggerisce di dare: col risultato di un Photoshop mentale da sovrapporre alla verità delle cose (il diritto di tutti a fare tutto non vuol dire che sia vero che chiunque sia in grado di fare qualsiasi cosa, Fellops ci sbatte il muso…). E forse questo spiega il perché le opere di Aubert – un genio ripeto, fruibile finora solo in francese purtroppo – siano trascurate: per pavido e fobico puritanesimo. Complimenti quindi anche al coraggio di Edizioni Prehistorica nell’aver portato finalmente questo autore in Italia. In uno spartito a più livelli di lettura, il dottor Linès-Fellow fa la stessa operazione di chi fa affidamento sul ritocchino estetico della realtà; lo fa attribuendo al suo dichiarato “rispetto” – tutto ostentato e privo di sostanza – nei confronti della vittima, la ragione stessa che dovrebbe assolverlo: “Ho dovuto dolorosamente constatare che il Signor Fellops aveva la disastrosa attitudine a non opporsi all’interlocutore se intuiva la possibilità di contraddirlo”, evitando con delicatezza meramente strumentale di definire il suo paziente per quello che è. Che se la prenda il Comitato sportivo la responsabilità di stilare un regolamento che attesti: “Gli storpi e i minorati non sono ammessi alla gara”. Geniale, cattivo, controcorrente, divertentissimo: quando l’acume s’avvale della pura creatività artistica infischiandosene degli schemi imposti e mette il dito nella piaga, chapeau.