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Arlt - Lo scrittore nel bosco di mattoni

Arlt - Lo scrittore nel bosco di mattoni

Un mistero fitto, ma voluto, avvolge l’identità di Roberto Arlt: lui stesso dichiara in alcuni suoi scritti che il suo nome vero è Roberto Godofredo Christophersen Arlt. Peccato che di questo particolare non si abbia nessun riscontro preciso se non la parola dell’interessato, che probabilmente voleva far risaltare in questa declinazione le sue origini prussiane, dal lato del padre, e triestine, dal lato della madre. Non è certo l’unico punto interrogativo nella vita avventurosa e contraddittoria del giornalista inviato di “el Mundo”: non ben definiti sono i rapporti con la malavita argentina, quella stessa vissuta nei bassifondi di Buenos Aires e riportata con precisione quasi sociologica nei suoi racconti. Nel 1908, a soli 8 anni è espulso da scuola per il suo temperamento turbolento e a 16 anni abbandona la famiglia per cominciare a frequentare le strade di Buenos Aires, arrangiandosi come può per sopravvivere. Fa il meccanico, l’imbianchino, il manovale portuale, il commesso, ma non abbandona gli studi che porta avanti da autodidatta. Si dedica alla scrittura, raggiungendo il successo con Aguafuertas porteñas (Acqueforti di Buenos Aires) del 1933, ritratti di Buenos Aires anticipati in una popolarissima rubrica tenuta sul quotidiano el Mundo. Per il quotidiano è inviato in Brasile e in Spagna, durante la guerra civile. La sua vita movimentata è stroncata da un infarto nel 1942...

Se il merito di Borges è stato quello di traghettare l’Argentina dall’Ottocento alla modernità, Roberto Arlt è il cronista degli anni Trenta del Novecento del suo Paese. Meticoloso ed attento commentatore della società argentina, Roberto Arlt è stato uno spumeggiante cantore della vita variopinta dell’inizio secolo sudamericano, con speciali ammiccamenti per i sobborghi: i suoi personaggi sono ricalcati in tutto e per tutto dal reale caleidoscopio di esistenze di emarginati, nel quale il cronista si confonde e mimetizza. Davvero un peccato che la sua vita, e la sua produzione, si sia bloccata tragicamente a soli 42 anni, perché il campionario narrativo, umano e stilistico presente nelle poche scritture da lui lasciate, ne hanno fatto un punto di riferimento per generazioni di scrittori sudamericani. La recente biografia di Sylvia Saítta è particolarmente preziosa perché, a dispetto delle tante edizioni disseminate in questi anni fra case editrici differenti, riesce a conferire organicità di fatti e di lettura ad un personaggio e ad un’opera che soltanto oggi sono stati scoperti con successo in Europa. Alla precisione nella ricostruzione ed organizzazione delle fonti, complicata dai falsi autobiografici che Arlt stesso si è divertito a disseminare lungo la sua esistenza, si accompagna una capacità narrativa non comune che rendono il saggio uno specimen ben definito del genere biografico romanzato, tanto che ci si dimentica della scientificità delle argomentazioni per tuffarsi con piacere nella sequenza di vicende personali che fanno di Arlt stesso un personaggio ben riuscito dei suoi rocamboleschi bozzetti narrativi.