
Le foreste equatoriali si estendono per spazi che sembrano infiniti e nell’immaginario comune celano misteri inquietanti e persino spaventosi. E invece una foresta equatoriale “non è l’’inferno verde’ dei colonizzatori e degli avventurieri, ma un universo quasi magico dove si può vivere piacevolmente, a patto di guardare con empatia le piccole meraviglie che si offrono quasi a ogni passo al visitatore occasionale, il quale potrà soddisfare ampiamente le sue esigenze in fatto di bellezza, spaesamento e poesia”. Non è forse uno spaesamento meravigliato quello che coglie davanti ad un esemplare di Rafflesia? Il fiore di questa pianta parassita, infatti, è enorme, misura un metro di diametro, è alto trenta centimetri e pesa circa sette chili. Sia i cinque petali coriacei che il centro di stami e pistilli hanno un colore di “carne avariata” e di quella il fiore ha anche l’odore: già ad una certa distanza si avverte una puzza spaventosa “di latrine intasate”… E non è poesia, forse, quella della pianta cinese Codariolacalyx motorius, esempio classico del fatto che le piante più affascinanti per noi risultino essere quelle che mostrano “caratteristiche animali e somiglianze con noi umani”? Questi piccoli arbusti quasi anonimi, dalle foglioline grigie simili a quelle dei fagioli e dai graziosi fiori rosa, danzano. Sì, proprio così, le foglie reagiscono al battito delle mani e si muovono. Se si canta una canzone la pianta sembra danzare e se cresce nel silenzio per sei mesi poi, al suono, si muove poco e lentamente. Ma se viene “allenata tutti i giorni, come una ballerina alla sbarra, fa progressi e danza sempre meglio”. La pianta ha quindi bisogno di una specie di allenamento basato su una forma di memoria… E vogliamo parlare della bellezza sorprendente della Guzmania Lungulata? È una pianta epifita – significa che cresce su un’alta pianta che le serve d’appoggio ma non è un parassita perché si nutre per conto suo grazie alla luce, all’aria, all’acqua piovana che la posizione le assicura e ai detriti che si accumulano – che vive sulle cime degli alberi di alto fusto nella foresta tropicale americana. Ha foglie erette verso l’alto strette l’una all’altra in maniera così fitta da creare una specie di vaso capace di trattenere l’acqua piovana che la nutre prima di evaporare nella parte in eccesso. Può contenere fino a venti litri e, in questo che è definito “acquario sospeso”, sviluppa un ecosistema con rane, molluschi, gamberetti, larve di insetti, un granchio di una specie particolare e una pianta carnivora acquatica. Le foglie morte alla base della Guzmania trattengono invece un terriccio nel quale vivono scorpioni, millepiedi, blatte, termiti e finanche un serpente cieco. È davvero una cosa sorprendente, un microcosmo dentro e attorno ad una singola pianta che vive sulla cime di un alto albero. E non è tutto. La Guzmania cela anche un mistero; ci sono studiosi convinti che al momento della fioritura diventi carnivora, si cibi della fauna che ospita per far posto all’infiorescenza che nasce sul fondo dell’acquario. La prova non esiste perché, per esserne certi, bisognerebbe coltivare la pianta in serra in Europa e cercare l’enzima digestivo al momento della fioritura. Ma questo è impossibile perché può prosperare soltanto tra alte cime arboree. Un acquario sospeso in una foresta tropicale: non è una cosa meravigliosa?
Non è nuova L’ippocampo a queste deliziose pubblicazioni e questo prezioso volume è certamente una delle sue più belle. Si tratta di un cartonato di grande formato, esteticamente assai curato, dalla copertina rigida, dorso in tela, blocco libro dipinto di rosa corallo. In copertina uno dei disegni dell’autore, il botanico francese biologo e dendrologo Francis Hallé, “figlio d’arte” e con idee e convinzioni spesso originali, appassionato di arte storia e poesia, esperto esploratore e profondo conoscitore di foreste tropicali. Da quarant’anni, accompagnato dal fedele taccuino per gli schizzi, viaggia instancabile alla ricerca di nuove piante da scoprire. Proprio dai suoi quaderni, conservati tutti nel suo studio a Montpellier, Hallé ha fatto una selezione scegliendo le specie più belle e sorprendenti, raggruppate nelle cinque sezioni in cui è diviso il volume, intitolate in maniera abbastanza suggestiva Record ed esuberanze, Adattamenti, I misteri del comportamento, Coevoluzioni tra piante e animali, Singolarità biologiche; lo conclude un piccolo ma utile glossario. Per ogni esemplare, la descrizione delle caratteristiche - sempre assai particolari, definite nell’introduzione dall’autore “strane e dall’estetica bizzarra” – è corredata da un disegno realizzato sul posto dal botanico, che dice di preferire assolutamente quello alla fotografia, spiegandone i motivi. Racconta che per spiegare l’alterità (nello specifico la biodiversità) è necessario prima capirla e per farlo bene serve tempo: nel disegno e nella fotografia il tempo non ha lo stesso valore. Inoltre, “Il disegno è un’opera del pensiero umano, e il dialogo con il ‘soggetto disegnato’ ha bisogno di pensiero; se nell’osservare un alieno sorge una domanda, per me è importante che l’incontro duri il tempo necessario perché arrivi la risposta”. Infine, “Un disegno fa appello al cervello e alla mano del suo artefice, è pienamente opera del suo autore, senza intermediari” e suscita un’emozione del tutto particolare. È per questi motivi che Hallé ritiene il disegno botanico una delle tradizioni preziose che andrebbero sempre rispettate senza cedere all’informatica, cosa che segnerebbe “un passo indietro per la nostra civiltà”. Questo prezioso lavoro, questa maniera di raccontare queste creature straordinarie è anche “un modo per perorare la causa della protezione delle piante tropicali in pericolo”, come si legge nella quarta di copertina. Questo, che è definibile senza esitazioni un libro-viaggio, è certamente anche un libro di poesia, botanica poetica, come recita il titolo; una poesia che nasce ora dalle curiose caratteristiche di alcune piante, ora dai delicati disegni di Hallé, ora da qualche nota che riguarda la sua biografia. Gli intenti dell’eccentrico botanico sono dichiarati da lui stesso: “Il mio sogno è che il lettore possa trarre da quest’opera un’immagine rinnovata delle foreste equatoriali. Non è troppo tardi per scoprirvi ciò di cui tutti abbiamo bisogno, ovvero un potente antidoto ai fattori nocivi del vivere nelle nostre megalopoli contemporanee”. Dal bel volume emerge intatto lo spirito dello studioso, più interessato alla comprensione della diversità che si rivela ai suoi occhi, che alla scoperta fine a se stessa. “La maggior parte dei miei colleghi sogna di scoprire nuove specie. Per quanto mi riguarda, a me non interessa minimamente scoprire qualche nuova pianta a cui dare un nome; non è quello il mio mestiere. A me interessa la biologia delle piante. Il mio sogno è liberare la botanica dall’obbligo di denominare e classificare, perché si dedichi a studiare la biologia delle piante”. Libro bellissimo da tenere in biblioteca per chiunque, quindi, ma consigliato soprattutto a chi è interessato a quell’85% delle forme viventi del pianeta, spesso antichissime, dotate sorprendentemente di memoria, sensibilità e capacità di comunicare, e alcune così incredibili e bizzarre da sembrare nate dalla fantasia straordinariamente immaginifica di qualche genio creatore. La c di creatore intendetela maiuscola o minuscola, a seconda del vostro punto di vista.