
E’ il 2 agosto del 1941 quando in un centro di smistamento di Varsavia Piotr fa la fila per essere visitato. Davanti e dietro di lui altri ragazzini aspettano il loro turno, completamente nudi. Piotr adesso pensa solo a quanto sente freddo, per il momento il ricordo dei suoi genitori rimasti uccisi durante il bombardamento della sua città non lo sfiora nemmeno. Dopo la visita alcuni ragazzini (in genere quelli con i capelli scuri) vengono fatti entrare in una porta sulla destra e poi caricati su un furgone, altri li fanni entrare nella porta sulla sinistra, come succede a Piotr. In quella stanza tutti hanno la pelle chiara e i capelli biondi. Il dottore non sa come il ragazzino sia finito lì in mezzo, perché assomiglia incredibilmente al biondino del manifesto della Gioventù Hitleriana, un perfetto esemplare di razza ariana. In realtà sua madre è nata in Polonia ma per il momento Piotr questo non lo dice. Dopo qualche giorno eccolo dentro un orfanotrofio insieme ad altri ragazzi, ma ben presto il direttore della clinica lo spedisce a Berlino: Piotr verrà accolto dentro una vera famiglia tedesca perché un ragazzo come lui non merita di stare in mezzo a tutti quei Polak. La famiglia Kaltenbach è fedelissima al Reich ma Piotr, che viene ribattezzato Peter, è contento lo stesso. In fondo quella vita non gli dispiace, anche se quella ragazza che lo attira sembra non accorgersi nemmeno di lui. Ma per quanto tempo potrà resistere di fronte a quella realtà? Fino a quando sarà capace di non farsi tentare dai programmi radio della BBC, dalle feste clandestine e dalla musica jazz?
Paul Dowswell, basandosi su fatti storici realmente accaduti, racconta con il dono della leggerezza la Berlino del III Reich. Attraverso la crescita e la maturazione del piccolo Piotr, che il lettore segue immedesimandosi completamente con lui nonostante la narrazione in terza persona, scopriamo che cosa nascondevano le manifestazioni e lo splendore della Berlino all’apice del potere nazista. Non che riveli grandi novità, eh, ma il romanzo ha il pregio di mostrare, attraverso il punto di vista che solo un ragazzino può offrire, come gli abitanti di quella Berlino, gli indottrinati e i fedelissimi, vivessero le vittoriose avanzate dell’esercito tedesco, le assurde teorie raziali e la propaganda di regime. Anche da piccoli dettagli come le piccole ghirlande a forma di svastica appese al camino o l’albero di Natale addobbato con i simboli del Reich. La scoperta e la maturazione del piccolo protagonista avviene con lentezza inesorabile e avvincente: il lettore è con Peter quando per la prima volta rischia di essere scoperto mentre aiuta un persona polacca come lui, è con lui quando ascolta con il cuore in gola la radio sotto le coperte, è con lui quando partecipa alla festa clandestina con il timore che la Gestapo faccia irruzione da un momento all’altro. Uno stile semplice e diretto, personaggi e dialoghi ben costruiti, una trama appassionante e avvincente fanno di Ausländer (che in tedesco signifa straniero, la natura che Peter non riuscirà mai a rinnegare) un testo leggibile da ragazzi e adulti. Un romanzo capace di attivare il ricordo molto più di qualsiasi commemorazione ufficiale o celebrazione patinata, come solo la letteratura sa fare.
Paul Dowswell, basandosi su fatti storici realmente accaduti, racconta con il dono della leggerezza la Berlino del III Reich. Attraverso la crescita e la maturazione del piccolo Piotr, che il lettore segue immedesimandosi completamente con lui nonostante la narrazione in terza persona, scopriamo che cosa nascondevano le manifestazioni e lo splendore della Berlino all’apice del potere nazista. Non che riveli grandi novità, eh, ma il romanzo ha il pregio di mostrare, attraverso il punto di vista che solo un ragazzino può offrire, come gli abitanti di quella Berlino, gli indottrinati e i fedelissimi, vivessero le vittoriose avanzate dell’esercito tedesco, le assurde teorie raziali e la propaganda di regime. Anche da piccoli dettagli come le piccole ghirlande a forma di svastica appese al camino o l’albero di Natale addobbato con i simboli del Reich. La scoperta e la maturazione del piccolo protagonista avviene con lentezza inesorabile e avvincente: il lettore è con Peter quando per la prima volta rischia di essere scoperto mentre aiuta un persona polacca come lui, è con lui quando ascolta con il cuore in gola la radio sotto le coperte, è con lui quando partecipa alla festa clandestina con il timore che la Gestapo faccia irruzione da un momento all’altro. Uno stile semplice e diretto, personaggi e dialoghi ben costruiti, una trama appassionante e avvincente fanno di Ausländer (che in tedesco signifa straniero, la natura che Peter non riuscirà mai a rinnegare) un testo leggibile da ragazzi e adulti. Un romanzo capace di attivare il ricordo molto più di qualsiasi commemorazione ufficiale o celebrazione patinata, come solo la letteratura sa fare.