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Autobiografia burlesca

Autobiografia burlesca

Burlesco e rocambolesco viaggio attraverso la genealogia dei Twain. In principio erano gli Higgins, poi, per un misterioso motivo, si sceglie di passare al nome materno Twain. Entra in scena l’avvocato Arthour Twain, uomo “di una certa importanza”, scomparso durante un’indagine in un luogo di villeggiatura inglese; poi, Augustus Twain, intorno al 1160, il cui principale divertimento era appostarsi, nelle notti più buie, con la sua vecchia sciabola e punzecchiare di sorpresa i passanti: l’estremità superiore del suo corpo fu così sistemata, per punizione, “in un bel posticino a Temple bar”. Vi erano poi il grafomane Beau Twain “lo Studioso”, l’illustre John Morgan d’indole burbera e sgradevole, giunto negli Stati Uniti come passeggero al seguito di Cristoforo Colombo (“era il 1492”), il missionario Charles Henry Twain, “illustre e zelante” nel convertire gli isolani nei Mari del Sud. Tocca invece a Pah-go-to-wah-wah-Pukketekeewis (Possente-Cacciatore-con-Occhio-di-Maiale) Twain dare lustro alla stirpe, al fianco del Generale Braddock durante la guerra franco-indiana: sparò diciassette volte a George Washington da dietro un albero. E poi altri, tra cui Guy Fawkes, il Barone di Munchausen e il Capitano Kidd. Infine, Mark Twain il romanziere. Ma la sua storia personale sfigura di fronte a quelle degli illustri antenati, “quindi è molto più saggio non scriverla finché non verrò impiccato anch’io”...

L’autobiografia burlesca di Mark Twain compare in un volume pubblicato a New York nel 1871. Ancora inedito in Italia, come gli altri due brevi racconti qui presentati: Una straziante storia medievale d’amore del 1870 (successioni al trono, identità nascoste e colpi di scena alla corte di Brandeburgo al termine del 1222, con beffa e fuga finale) e Italiano senza laurea del 1904, con Twain in una villa medievale nella campagna fiorentina, un ritiro alberato e fiorito dove poter disintossicarsi dalla dipendenza dalle notizie del mondo esterno, e poter così dosarne il passaggio attraverso la lettura del giornale locale (non le catastrofi che coinvolgono stranieri, ma i piccoli incidenti occorsi ai vicini lo interessano maggiormente) e divertirsi perdendosi nei misteri di una lingua che non conosce e che vuole affrontare senza il dizionario a sciogliere i misteri di una parola dal significato vago, “un indovinello rapido e giocherellone dove le curve e le finte della preda sono il cuore stesso dell’inseguimento. Un dizionario rovinerebbe tutto”. CasaSirio, giovane colorata e frizzante casa editrice, ne cura la traduzione e ne studia una grafica appropriata, omaggio dovuto a “una sorta di nonno – baffi e pipa compresi”.