
La vita alla base dell’Aeronautica militare di Dover, nel Delaware, ha i suoi lati positivi, pensa Kay Scarpetta, malgrado la desolazione di avere a che fare ogni giorno con la morte. La sua permanenza di sei mesi in quel luogo è stata completamente priva di complicazioni, quasi piacevole. Le mancherà il fatto di alzarsi prima dell’alba e fare una veloce colazione alla sede del golf club, prima di recarsi al Port Mortuary e seguire le direttive del medico legale delle Forze Armate. Quando tornerà in Massachusetts, dove lei è la responsabile di ogni cosa, le complicazioni si riaffacceranno nella sua vita. Dopo aver raccolto cosmetici e articoli da bagno, Kay chiude lo sportello metallico dell’armadietto e cammina a piedi scalzi sul pavimento di piastrelle beige, con il suo cestino di plastica contenente shampoo, balsamo, scrub esfoliante, spugna, collutorio ed olio profumato, per quando avrà finito. Entra in una delle docce aperte, apre l’acqua calda e si posiziona sotto il potente getto per bagnarsi tutta, lasciando che l’acqua le massaggi il collo e la testa ed allenti un poco la tensione muscolare. Spalanca la bocca per sciacquare via l’odore di carne umana bruciata e decomposta che le è rimasto in gola. Il soldato morto di cui si è appena occupata, Peter Gabriel, era di stanza in Afghanistan da meno di un mese quando un ordigno rudimentale ha perforato la blindatura del suo Humvee ed ha scatenato una tempesta di fuoco al suo interno. All’improvviso i pensieri di Kay vengono interrotti da una voce. È il capitano Avallone, che le comunica che Pete Marino, l’investigatore con cui Kay lavora da metà della sua vita, ha bisogno di parlarle. La faccenda è talmente urgente che Pete è arrivato direttamente lì, e la sta attendendo sul retro, vicino all’ingresso di servizio. È così che la dottoressa Scarpetta scopre che a casa, a Cambridge, nell’istituto che dirige, si è verificato un problema, un enorme problema. Quando Jack Fielding, il suo vice, è andato a ritirare dalla cella frigorifera il cadavere di un maschio, bianco, tra i venti ed i trenta anni, morto per un probabile infarto il pomeriggio del giorno precedente, ha notato delle gocce di sangue per terra e tantissimo sangue nel carrello. L’ipotesi, quindi, è che fosse ancora vivo quando è stato rinchiuso lì dentro…
Con il diciottesimo romanzo che vede come protagonista Kay Scarpetta, Patricia Cornwell ritorna, dopo oltre dieci anni, alla narrazione in prima persona, permettendo così un accesso maggiormente empatico nei confronti delle emozioni e delle riflessioni della protagonista, il cui vissuto emerge fin da subito nella sua interezza. La voce narrante, quindi, è nuovamente Kay che è coinvolta, questa volta, in una vicenda che la riguarda da molto, molto vicino. Un cadavere che poteva ancora essere vivo nel momento in cui è stato posto nella cella frigorifera in attesa di autopsia, un bambino ucciso con dei chiodi ficcati nella testa, un uomo massacrato a morte e ripescato vicino ad un porticciolo. Tante sono le tessere di questo intricato mosaico; la storia si dipana come se fosse una partita a dama, in cui all’inizio vengono posizionate tutte le pedine e il lettore viene subito messo a parte delle varie situazioni e dei rapporti tra i personaggi, vecchi e nuovi. Investigatori, vittime, colpevoli, personaggi di contorno: tutti vengono messi in scena contemporaneamente creando un contesto che inizialmente può apparire lento e di non semplice comprensione. A poco a poco, però, ogni tassello si muove, tutto si incastra alla perfezione e gli innumerevoli piccoli indizi disseminati qua e là con maestria dalla Cornwell convergono verso una ragnatela di relazioni che unisce tutti i casi aperti e conduce Kay, che come al solito riesce a destreggiarsi con abilità tra pedinamenti, segreti militari e scandali, alla conclusione. Attraverso descrizioni scientifiche estremamente dettagliate – tratto distintivo della Cornwell in tutti i romanzi della serie – e continue riflessioni da parte della protagonista, il lettore riesce ad entrare in sintonia con la mente di Kay, una donna determinata e fragile allo stesso tempo, una professionista animata da un fortissimo senso di giustizia e da un profondo rispetto nei confronti del proprio lavoro. Una lettura appassionante in cui, anche se l’azione vera e propria latita e viene mostrata soprattutto per gli effetti che provoca, ci si ritrova spesso con il fiato corto e con il desiderio di scoprire cosa si nasconda dietro la pagina successiva del romanzo.