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Ballo di famiglia

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La signora Campbell se ne sta seduta su una sdraio dietro un tavolo pieghevole fuori dalla cooperativa alimentare e ogni tot minuti, a mano a mano che il sole si sposta, anche lei sposta la sedia sulla quale è adagiata così da poter rientrare sempre in quel cono di ombra che le dà ristoro. È una giornata afosa, ci sono quaranta gradi. Neil, suo figlio, se ne sta all’interno della cooperativa, chino su una fontanella osserva sua madre. La donna indossa un cappello da sole e una felpa sopra un completo da tennis. Le sue gambe sono nude e lucide di crema. Proprio di fronte a lei vi è un cartello che recita: “Madri, lottate per i diritti dei vostri figli – sostenete un futuro senza nucleare”. Alcune donne, vestite nel suo stesso identico modo, passano sfiorandola e, incuriosite dal cartello, restano a sentire cosa ha da dire sfogliando anche gli opuscoli messi a disposizione del pubblico. La signora Campbell è una donna che sostiene la pace e la giustizia, cosa che, come lei stessa sostiene, nell’epoca di Reagan è impresa ardua e faticosa, uno sforzo che solo le madri possono compiere…

È così, con questa scena nitida e visionaria, che si apre Ballo di famiglia, il folgorante esordio letterario datato 1984 di un autore passato alla storia come il maestro del racconto familiare: David Leavitt. Si tratta di una raccolta di racconti di sapiente fattura, precisi, chirurgici nell’assemblaggio delle parole e delle scene. L’autore sa utilizzare la scrittura come un laser, senza sporcare la narrazione con inutili ridondanze o sbavature ed è in grado di costruire un insieme di voci perfettamente riconoscibili e tutte diverse e verosimili. La signora Campbell non è l’unica protagonista di questo libro a suo modo corale. Insieme a lei ci sono altri personaggi incredibili e memorabili. C’è la donna che sfrutta la propria malattia per tenere legato a sé il marito; c’è la ragazza che decide di fare da compagna a una coppia gay e ci sono molti altri “prototipi umani” che portano in scena, in queste pagine, i propri drammi esistenziali e le proprie frustrazioni quotidiane offrendole con coraggio e dignità al lettore. Il susseguirsi di storie che permea e costituisce questo libro coinvolge il lettore perché, pur nella diversità di ognuna di esse, sembra quasi potersi individuare una trama comune e cioè l’introspezione profonda e viscerale dell’animo umano, delle sue nevrosi e paure, speranze e azioni. I racconti che compongono questa preziosa raccolta sanno coniugare bellezza e fluidità, dramma e ironia, tenerezza e divertimento in un caleidoscopio di emozioni, aneddoti e dialoghi di rara effervescenza che spiazzano e conquistano. In quest’opera prima troviamo già tutta quella che sarà la futura materia narrativa del poliedrico autore: le relazioni umane, l’omosessualità, i rapporti familiari e amicali colte nel loro contesto di appartenenza: la middle-class americana degli anni Ottanta, il palcoscenico nel quale i personaggi di Leavitt si muovono alla ricerca di un senso da dare alla propria precaria esistenza. Un libro, dunque, da divorare senza esitazioni. Un esordio che affascina e rende merito, anche a distanza di anni, al suo autore ormai noto e apprezzato.