
Per una giovane nubile che negli Anni Ruggenti avesse voluto stabilirsi a New York in cerca di fortuna, non c’era altra scelta che andare ad alloggiare in un hotel per sole donne. Negli anni ’20 ne erano stati costruiti vari, ma solo il Barbizon resistette alla crisi del ’29, al Proibizionismo e a un conflitto mondiale. Tutte le riviste di moda consigliavano il Barbizon Hotel, che, già dal nome – che richiamava un movimento artistico francese di metà Ottocento - strizzava l’occhio alle giovani donne più raffinate, con velleità artistiche, che si recavano nella Grande Mela per realizzare il loro sogno. A New York le giovani che provenivano da lontano o che fuggivano dalla provincia si trovavano un lavoro come segretarie o incarichi da modella o attrice, e in questo modo potevano respirare un po’ di libertà e indipendenza in un periodo in cui alle donne erano ancora precluse molte possibilità; al Barbizon potevano davvero avere “una stanza tutta per sé”, conoscersi e reimmaginarsi. Spesso però la permanenza al Barbizon era l’anticamera del matrimonio; una volta entrate in un ambiente lavorativo a forte impronta maschile, le graziose segretarie, modelle, attrici, scrittrici finivano per trovare marito e ritirarsi poi nei quartieri residenziali, abbandonando Manhattan e le loro aspirazioni. All’epoca, infatti, l’idea era che le donne dovessero lavorare solo finché non avessero trovato un uomo che si sarebbe occupato di loro. E dovevano riuscirci finché erano giovani e desiderabili, o la stessa New York che le aveva accolte le avrebbe poi respinte. Fatto sta che quella breve finestra di opportunità e spensieratezza nell’Upper East Side, fatta di indipendenza e cameratismo femminile, ha costituito per molte di loro il periodo più bello della loro vita...
Attraverso questo saggio è possibile ripercorrere la storia del celebre hotel (e delle sue inquiline) a partire dalla sua costruzione nel 1927, fino alla sua trasformazione in appartamenti per milionari nel 2007. Non tutte le ospiti del Barbizon riuscirono a realizzarsi, il libro vuole appunto raccontare un’epoca di segrete ambizioni femminili, spesso stroncate sul nascere da una società maschilista, e l’emergere di nuove esigenze e rivendicazioni femminili: dalla Donna Nuova di inizio secolo, alle Gibson girls, dalle flapper degli anni ’20, il cui processo di emancipazione si era però dovuto bruscamente arrestare con la Grande Depressione, quando era ritenuto antipatriottico che una donna lavorasse, fino all’affermazione del movimento femminista negli anni ’60. Tra le ospiti più famose del Barbizon incontriamo Molly Brown, sopravvissuta al naufragio del Titanic, Grace Kelly, che era lì per studiare recitazione all’American Academy of Dramatic Arts, Silvia Plath, che aveva vinto uno stage nella redazione della celebre rivista «Mademoiselle» e che di quel periodo ci parla ne La campana di vetro. Un hotel del genere entrò fatalmente nell’immaginario collettivo statunitense ed è un punto di partenza imprescindibile per ricostruire un quadro dell’epoca. Chi ha visto la serie televisiva Mad Men ci si sarà imbattuto senza neanche accorgersene, nonostante non si manchi di citare l’hotel in almeno un paio di occasioni, quando Don riaccompagna in taxi qualcuna delle sue prede. Chi dovesse vedere la serie dopo aver letto questo libro riconoscerà le donne del Barbizon negli uffici e per le strade di Manhattan, saprà costruire con più consapevolezza il quadro storico e sociale e si appassionerà ancora di più alle figure femminili protagoniste e no, perché ne avrà conosciuto paure e ambizioni.