
Alle cinque del mattino tutto è fermo a Borgomarina. Il mare è calmo e l’unico rumore è quello delle scarpette di Andrea Muratori. Corre un po’ più su del bagnasciuga, dove la sabbia è dura, compattata dal ritiro della marea. Cinque chilometri di corsetta quotidiana, prima che l’orda dei turisti invada la spiaggia. Da giovane a quell’ora andava a dormire, ma adesso, con l’età, il ritmo cambia. A sessant’anni dorme meno e ha il sonno leggero. Per giunta il suo datore di lavoro lo ha mandato in prepensionamento. Andrea, detto Mura, giornalista affermato, inviato per il mondo, si ritrova ora, per i tagli al bilancio, una buona pensione. Poco però gli rimane in tasca, deve gli alimenti alle due ex mogli, una americana e una russa, passa un mantenimento al figlio che vive a Londra e che studia da avvocato. Fatti i conti, dopo anni passati a raccontare guerre, rivoluzioni e sommosse, ha deciso di ritirarsi nella sua Romagna, proprio a Borgomarina. Lì ci ha vissuto la giovinezza e quella di suo figlio. Un amico gli dà una mano a trovare casa in affitto o meglio un buco, un capanno da pesca, una palafitta in pratica. Il suo bagaglio è tutto in una valigia, negli anni si è alleggerito di tutto il superfluo ed è solo. Professionalmente aspira ad essere dimenticato, ma è uno scatto d’orgoglio. Dopo New York, Gerusalemme, Mosca e Londra è tornato a casa. Corre e pensa, guarda il panorama e annusa il suo mare. Poi farà colazione al caffè Dolce & Salato, con cappuccino e cornetto, leggerà i giornali, nel pomeriggio una partitina a basket con i suoi fidati amici, infine la cena col pescato dal suo capanno. Ecco la sua vita adesso. Mentre corre vede qualcosa, se da vicino si aiuta con gli occhiali, da lontano annaspa. Accelera la corsa. Sembra un grosso pesce sospinto sulla spiaggia dalla bassa marea, un ammasso bianco avvolto da un filo rosso. Arrivatogli vicino, capisce che non è un pesce, ma il corpo di una bellissima donna, che indossa solo un tanga rosso. Respira ancora, è malconcia, piena di lividi e abrasioni. Si toglie la maglietta e cerca di asciugarla. Lei apre gli occhi, si guardano e scambiano qualche parola. Mura riconosce al volo l’accento di quando un russo parla italiano. La donna non vuole un dottore, né tantomeno l’ambulanza, si agita, gli chiede aiuto e poi sviene. Solo allora si accorge che su una gamba ha tatuate quattro lettere in cirillico, è la firma della mafia russa. Decide quindi di portarla a casa sua…..
Con Bassa marea Enrico Franceschini si cimenta nel giallo, ma non nel senso più classico. Il suo è un giallo che spaventa, diverte, racconta storie legate da un sottofondo di malinconia e fa ridere. È proprio la risata che porta all’altro filone del romanzo, l’amicizia. Quella tra quattro ex compagni di classe che a sessant’anni si ritrovano a dire che sono i nuovi quaranta, acciacchi permettendo. Un Amici miei in terra di Romagna con Andrea Muratori detto Mura che guida la compagnia. Vive in un capanno, come ce ne sono tanti sulla costa romagnola, si usavano oltre che per pescare, anche per giocare a carte ed avere appuntamenti galanti. Oggi invece sono ambiti dal nuovo turismo della riviera e, restaurati a dovere, sono diventati merce costosa. Borgomarina ricalca Cesenatico che è la California italiana dagli anni Sessanta ed è suo il grattacielo della copertina. Era il più alto, perché la terra di Romagna e degli allegri romagnoli, raccontati da Fellini e Tondelli è la terra dell’esagerazione. L’analogia tra Mura e Franceschini è facilmente intuibile per i caratteri principali: appassionati di sport, ogni mattina corsetta all’alba, sempre vivi l’interesse e la curiosità del giornalista e la voglia di indagare. Se la pensione è uno stato di non lavoro, l’animo ancora non ci è andato. La bassa marea fa riemergere un corpo di una splendida donna, con un tatuaggio russo sul corpo, è questo l’avvio del romanzo. La malavita russa si fa avanti in Romagna. Da chi fugge questa donna? Franceschini ci presenta una Romagna diversa dalle assolate giornate estive, un bassofondo di malavita che è approdata qui, con spaccio di droga e prostituzione dilaganti. Mura si butta a fare l’investigatore in modo sprovveduto, quasi ingenuo e non avendo per niente le physique du rôle, le prende immancabilmente. L’ispirazione per questo libro nasce da una perdita, quella di Danilo Baroncini, compagno di liceo e miglior amico dell’autore, prematuramente scomparso. Enrico Franceschini ha deciso di sublimare il suo ricordo e renderlo vivo in un romanzo, conservando così con lui confidenze, scherzi, giochi, affetti e vita. Nella storia è il barone, l’unico che ha il suo vero nome. Personaggio singolare, medico comunista, agiato, che va dallo psicoterapeuta manifestando il desiderio di avere una Porche, la compera, ma di seconda mano, però. Gli altri nomi degli amici sono fittizi. La via Emilia è un piano inclinato dove tutto scivola verso il mare, dove si svolge la storia. La statale adriatica separa il lato estivo delle spiagge affollate dall’altro, quello delle colline e dei paesi, che a volte hanno qualcosa di oscuro e misterioso. Enrico Franceschini ci pone davanti al cambiamento, dall’Amarcord di Fellini alla brutalità della malavita e lo fa con ironia, senza dimenticare però, la sua penna di attento giornalista.