
Lui ricorda bene l’aula del doposcuola illuminata dai lumi a gas, con le grandi carte geografiche appese alle pareti tinteggiate di verde, e l’angolo in cui sedeva con i suoi amici: Manuel Faracci, il figlio dell’antiquario, e Fernand Larache, detto Battling, il figlio dell’oste della trattoria “Piccolo Panteon”. La guerra in cui molti dei ragazzi della generazione precedente avevano perso la vita era terminata. L’arrivo di Erna Schnorr non poteva che scuotere gli animi degli abitanti della tranquilla e sonnacchiosa provincia: le foto della pittrice tedesca, di madre francese, campeggiavano su riviste internazionali, e i suoi lavori avevano attirato l’attenzione della critica. Giunta a raccogliere l’eredità di una prozia, era rimasta colpita dai ritmi e dalla tranquillità della cittadina ed aveva affittato un appartamento nella casa di alcuni parenti di Battling, i Contade, per qualche motivo affascinata dal grande stagno nella tenuta, suscitando i sospetti e i pettegolezzi delle malelingue del posto: “… lei rappresentava in questa cittadina un elemento così raro e dunque così prezioso che le madri ne temevano il contatto con i loro figlioli cresciutelli”. Forse non del tutto a torto: Manuel, in qualche modo, sembrava subirne il fascino. E chissà se erano davvero sincere le feroci parole di disprezzo che, ad ogni occasione, le riservava Battling…
Alexandre Vialatte, classe 1901, dopo aver fatto conoscere in Francia i testi di Franz Kafka, di cui fu il primo traduttore dal tedesco, fece il suo esordio come scrittore nel 1928 con questo libro, stampato dalla prestigiosa casa editrice “Gallimard”: un romanzo di formazione, che gravita attorno al tema della scoperta dell’amore e della sessualità nel corso dell’adolescenza, nella “età crudele, piena di false idee e di orgogli fuori posto, l’età delle peggiori sofferenze, quelle che si negano a sé stessi”, quando lo spirito di ribellione verso i propri maestri scorre veloce nelle vene e si fanno i primi conti con sentimenti che sembrano contenere promesse di assoluto e mettono in luce, allo stesso tempo, i propri limiti e la trama sottile delle proprie più profonde paure. Ambientato in una imprecisata cittadina della provincia francese - “un luogo in cui non succede mai nulla, in cui l’unica attività degna di nota consiste nel diffondere pettegolezzi, in cui i giovani non hanno altre risorse che il sogno”, scrive Pierre Jourde nella postfazione che arricchisce questa edizione di Battling il tenebroso (Battling le ténébreux ou la Mue périlleuse in originale) -, il racconto gioca sulle suggestioni del Romanticismo (rendendo omaggio ad uno dei suoi padri nobili, quel Victor Hugo la cui statua diventa oggetto di un tragicomico sipario nella seconda parte del testo), alternando toni lirici a pagine dal sapore grottesco (secondo Jourde, una delle cifre stilistiche di Vialatte), sino al lancinante finale, rivelando la scrittura elegante, d’ampio respiro, ricca di inventiva e paradossi di un autore multiforme che attende di essere (ri)scoperto dal pubblico italiano.