
Quando Jacques Bontemps e Louis Marcorelles, giornalisti dei “Cahiers du cinéma”, la pubblicazione più autorevole, non senza un po’ di spocchia, della settima arte, intervistano Bernardo Bertolucci la prima domanda che gli pongono è quali siano stati i primi film da lui realizzati. Bertolucci risponde che si tratta di pellicole in 16 millimetri, e uno si chiama La morte del maiale. Girato col fratello a quindici anni in campagna, nella casa di famiglia che hanno vicino a Parma. Poi c’è La teleferica, sul fratello e le cugine più piccole. E poi il set di Pasolini, dove gli fa da aiuto: Accattone è per lui uno dei più importanti film italiani, e avrebbe voluto continuare a lavorare con lui, ma il produttore di Boccaccio ’70, uno che si fida dei giovani, Tonino Cervi, gli propone di girare un film da un soggetto proprio di Pasolini ma della cui regia Pasolini non ha voglia di occuparsi: è così che nasce La commare secca. Del resto per lui poesia e cinema sono la stessa cosa, e la sua formazione è variegata: per anni ha visto quattro film al giorno, non ama molto La donna è donna né Cleopatra, mentre gli piacciono Il mistero del falco e Lo sport preferito dall’uomo. Il suo regista del cuore, poi, è Rossellini…
La commare secca, suo lungometraggio d’esordio dopo la pratica fatta come assistente di Pasolini sul set di Accattone, dove conobbe la sua prima celebre compagna Adriana Asti, Prima della rivoluzione, Partner, Strategia del ragno, Il conformista, dove inizia la collaborazione e l’amicizia con Stefania Sandrelli, che per lui all’inizio era la bimba dei film di Germi, Ultimo tango a Parigi, Novecento, La luna, La tragedia di un uomo ridicolo, L’ultimo imperatore, Il tè nel deserto, Piccolo Buddha, Io ballo da sola, L’assedio, The dreamers, per cui avrebbe voluto James Franco, con cui c’era un rapporto di reciproco affetto, stima e ammirazione che emerge anche dall’intervento che l’attore, scrittore e poliedrico artista americano realizza per questo volume, Io e te: morto settantasettenne nel 2018 per un tumore dopo aver trascorso l’ultimo periodo della sua vita in modo purtroppo assai tribolato, Bernardo Bertolucci, figlio del grande poeta – anche lui scrisse versi – Attilio, cugino di Giovanni, produttore, e fratello di Giuseppe, cui si debbono per esempio Berlinguer ti voglio bene, Tuttobenigni, Effetti personali e Segreti segreti, è uno dei grandi maestri del cinema italiano e un intellettuale finissimo. Tiziana Lo Porto, scrittrice, giornalista e traduttrice (tra gli altri Wolfe, Bukowski e proprio Franco), un po’ sul modello di tante altre pubblicazioni sullo stesso tema (la prima che viene in mente è quella magistrale fra Truffaut e Hitchcock), organizza un volume giustamente celebrativo che è pure un affresco del secolo breve e della società contemporanea, dal punto di vista politico, economico, sociale, culturale, raccogliendo e cucendo insieme anche aneddoti, confidenze, confessioni, impressioni, opinioni, articoli, citazioni e pareri di artisti, registi, scrittori, sceneggiatori e critici come Leonida Leoncini, Adriano Aprà, Maurizio Ponzi, Sebastian Schadhauser, Marilyn Goldin, Dacia Maraini, Andy Warhol, Jonathan Cott, Clare Peploe, compagna a lungo di vita di Bertolucci, Alberto Arbasino, Gian Luigi Rondi e tanti altri.