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Blues di Bay City e altri racconti

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John Dalmas è seduto con i piedi sulla scrivania in una giornataccia afosa d’agosto quando riceve una telefonata di Violetta M’Gee. Violetta è nella squadra omicidi e gli passa tutti i lavori di ritaglio, senza i quali John, forse, troverebbe “una maniera più decente di campare”. Un certo Howard Melton ha bisogno di un poliziotto privato: sua moglie è scomparsa undici giorni prima dal capanno che i due possiedono in Little Fawn Lake, un piccolo lago a cinque chilometri da Puma Point. Nel suo ultimo messaggio, che Howard riceve per telegramma, la donna gli comunica che intende lasciarlo per sposare Lancelot Godwin e per andare a vivere in Messico. Howard, però, riferisce a John di aver incontrato Lance pochi giorni prima e che quest’ultimo non sapesse nulla di questa storia. L’idea di Howard Melton è che la moglie sia stata arrestata a causa della sua cleptomania e che adesso sia rinchiusa, da qualche parte, in un carcere. John dovrà cercarla e avvisarlo appena l’avrà trovata: a quel punto, Howard è certo di potersela cavare da solo. Le ultime tracce della moglie conducono all’Hotel Olympia, a valle di Little Fawn Lake. Howard ha ricevuto una telefonata dall’Hotel, nella cui rimessa si trova ancora l’auto della donna. Le indagini di John, dunque, dovranno partire da lì. Gli ultimi ad aver visto la donna sono di certo con Bill Haines e la moglie, i custodi della proprietà dei Melton, che vivono in un altro capanno “sulla sponda del lago che la strada tocca per prima”…

La donna nel lago e gli altri racconti della raccolta furono pubblicati postumi ma costituiscono il nucleo narrativo cui Chandler attinge per scrivere, nel 1943, uno dei suoi romanzi più famosi: La signora nel lago. Il processo di ‘cannibalizzazione’ delle proprie storie è un tratto della scrittura di Chandler che sembra intenzionato a rappresentare con un livello di intensità sempre crescente un certo tipo di atmosfera narrativa, e un certo tipo di personaggi. Così è anche per i racconti pubblicati su “Black Mask”, rivista pulp celeberrima già dagli anni Venti del Novecento, che Chandler recupera e rielabora per dare corpo a Philip Marlowe e scrivere Il grande sonno. E John Dalmas del più noto Philip Marlowe, in un certo senso, è l’embrione; ne possiede, in fieri, alcuni tratti che solo in Marlowe, però, acquisiscono quello spessore (anche emotivo) capace di trasformarlo nel poliziotto privato, forse, più rappresentativo della hard-boiled school. John Dalmas non è un ragionatore ma è scaltro, e sa interagire in un mondo in cui il bene è solo una forma del male messa in stand-by. Se Dalmas è l’embrione di Marlowe, John Evans - protagonista dell’ultimo racconto della raccolta: In montagna non c’è pace -, all’interno del percorso di maturazione che condurrà alla sua nascita, per certi versi, ne è il feto. A Chandler pare interessare essenzialmente la costruzione dei personaggi e dei contesti. La trama dei racconti non è mai particolarmente complessa; sembra quasi una mera occasione per fotografare un mondo che, fino a quel momento, non era ancora entrato a pieno titolo in questo genere di storie. A Chandler piace descrivere luoghi destinati a ospitare gli avvenimenti più truci: laghi sperduti tra le montagne, appartamenti in penombra; gli piacciono le donne dall’anima spregiudicata, rinchiusa in un corpo fragile; si identifica, forse, negli uomini che stanno dalla parte di ciò che è giusto, anche se solo dal proprio punto di vista. Chandler, insieme a Dashiell Hammett, è uno dei fondatori della scuola narrativa che rinnova il mistery e lo conduce, dall’eleganza deduttiva del giallo classico inglese, alla ‘durezza’ del realismo d’azione americano; contribuendo, in modo determinante, con una triangolazione letteraria e geografica, alla nascita del noir; in Francia.