
La Romania degli anni Settanta è sotto il totale controllo di Nicolae Ceausescu. Alina insegna in una scuola e gli allievi, prima che la lezione cominci, intonano Trei Culori. È il canto d’amore per la patria, il governo comunista e l’amato leader. Alina però non canta, muove solo le labbra, non crede più in questo regime che mette gli uni contro gli altri, madri contro figli, fratelli contro fratelli. Tutti spiati fin nei loro pensieri più profondi, delatori ad ogni angolo, innocenti puniti o torturati dalla Securitate, la polizia segreta. Anche Liviu, suo marito, è un insegnante, sogna l’archeologia e studia per la specializzazione. Si sono conosciuti al mare, in un lussuoso albergo tre stelle, il più famoso resort della Romania. Lì, oltre che lavorare come guide turistiche per gli ospiti tedeschi, sognavano e si innamoravano. Decantavano ai turisti le bellezze del comunismo, ma non potevano entrare nei negozi per stranieri. Cioccolato e Levi’s erano loro preclusi. Da quando Mihai, suo cognato, è fuggito all’Ovest, la presenza del regime si fa pesante. Liviu viene trasferito in un’altra scuola, meno importante e più lontana. Ad Alina viene annullata la pubblicazione di un suo libro di esercizi di matematica. Carriera e matrimonio iniziano a scricchiolare. Nessun aiuto arriva dalla mamma di Alina, fervente comunista, preoccupata solo di se stessa e che non ha mai approvato questo matrimonio. Liviu non è all’altezza di sua figlia, secondo lei. L’ancora di salvezza è zia Theresa, moglie di Matei, un leader comunista, quindi con i suoi privilegi. È con lei che Alina ha un rapporto affettivo profondo e sincero, più che con la madre. Sarà proprio questa zia all’apparenza strampalata, tra preghiere e magie che la aiuterà nel suo progetto di vita e di fuga...
Sophie van Llewyn, nata e cresciuta in Romania, al termine degli studi si trasferisce in Germania dove vive e lavora in ambito medico. Scrive in lingua inglese e Bottigliette è il suo primo romanzo. È breve, incisivo, asciutto e riesce a raccontare in modo originale la vita di Alina, di Liviu e delle loro famiglie, dal 1969 alla caduta del regime di Ceausescu. La van Llewyn guarda dietro la cortina di ferro e ogni capitolo, seppur breve, rivela qualcosa del mondo in cui vivono i personaggi, che a volte è delicato, esasperante o addirittura spaventoso. Alina arriverà a dire con una sconfortante accettazione: “Non c’è più niente che possono togliermi”. Bottigliette è un libro drammatico per le descrizioni di un paese oppresso, ma è anche poetico e fantastico. È capace di unire tradizioni e realtà storica. Alina è un esempio di donna forte, coraggiosa, disposta a mettersi in gioco e a sfidare le regole per trovare la sua strada e toccare con mano la felicità tanto desiderata. Arriverà ad essere sicura di sé, senza avere più bisogno neppure delle sue radici. Sono i piccoli gesti o i vuoti silenziosi che rendono tangibile lo scoraggiamento e la pressione: una torta di compleanno che scivola lentamente nella pattumiera, una sigaretta spenta in un residuo di purè di patate, le valigie, preparate per la fuga e disfatte per la paura. Questo è un romanzo, ma è difficile dimenticare la ginnasta Nadia Comaneci. Al rientro dalle Olimpiadi di Montreal 1976 è osannata dal regime di Ceausescu, viene invitata spesso a palazzo e voluta come amante da Nicu, terzogenito debosciato e violento del dittatore. Fugge dal paese la notte del 27 novembre 1989, camminando a piedi per 6 ore. Nessuno può o vuole aiutarla, troppo vicina ai Ceausescu. Arriva negli Stati Uniti e viene accolta come rifugiata politica. La magia che pian piano entra nelle vite dei personaggi, si fa strada accompagnando zia Theresa con tutta naturalezza. Appare così scontato avere uno strigoi nella cristalleria, annidato dentro una tazza di ceramica. Come è logico credere che sette gocce di una pozione magica possano far rimpicciolire una persona e leggendo l’ultima pagina si rimane sorpresi, sbalorditi e col fiato sospeso. La madre e la zia sono due figure antitetiche, hanno l’obiettivo di mostrarci il doppio volto delle relazioni. È proprio la madre di Alina, fanatica fautrice del regime, che dopo aver letto il diario della figlia e scoperto i suoi intenti di fuga, è disposta a tutto purché non se ne vada. La tradisce, condannandola ad una feroce persecuzione, che presto finirà in molestia sessuale. Bottigliette è un bellissimo approccio alla letteratura rumena grazie alla lungimirante attenzione di Keller editore. Ricordiamo che Roberto Keller è stato il primo a pubblicare in Italia Herta Müller, prima che le venisse conferito il Premio Nobel nel 2009.