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Breve storia dei vasi comunicanti

Come molte altre volte, anche quella sera Remo va al bar con gli amici, per dimenticare la sua vita senza un fine. Ed è proprio quella sera che Remo incontra Margherita, una ragazza appassionata, curiosa, un po’ irascibile, piena di vita. Cominciano a parlarsi. Remo e Margherita scoprono di avere molte cose in comune senza saperlo: sono giovani e sono imprigionati entrambi in un corpo inospitale. Remo a 24 anni è nel pieno di un anno trascorso a trangugiare tutto quanto si è trovato davanti o è riuscito a procurarsi: la sua vita si è allargata a dismisura, con lei il senso di insoddisfazione e di solitudine soprattutto dopo l’ultima sconfitta, l’abbandono da parte della sua fidanzata. Margherita, invece, è bella, frequenta l’ultimo anno di liceo, lavora in un ristorante, ma al contrario di Remo non mangia nulla. Oggi pesa 45 chili. Alla fine le loro diversità si appianano: lui soffre di bulimia e lei è anoressica, la loro vita sembra non avere senso e prospettiva, fino al fatidico giorno in cui si imbattono l’uno nell’altra scoprendo che insieme c’è la possibilità anche di salvarsi. Da quella sera cominciano a parlarsi, a frequentarsi, a raccontarsi le loro paure, aspirazioni, obiettivi. Non smetteranno più di farlo, a volte si baciano, finché si innamorano senza neppure rendersene conto. Al punto che i loro corpi cambiano, perché le loro vite stanno cambiando. «Non conoscevamo la malattia, ma eravamo la cura»…

Davide Mosca, che dirige a Milano la libreria “Verso”, è autore consumato di romanzi, thriller d’ambientazione storica, tra cui Le notti nere di Praga (Mondadori), Non colpevole (Newton Compton), La cripta dei libri profetici (Newton Compton), Il profanatore di biblioteche proibite (Newton Compton), Più sicuri Più sicuri di sé con Raymond Chandler (Chiarelettere), oltre a biografie e altri romanzi storici. Con questa nuova prova di narrativa cerca di sperimentare altre forme diegetiche, prova ad esplorare altri stili anche se non mi pare ci riesca con successo. La storia, in parte autobiografica, parla del fragile equilibrio fra corpo e psiche, fra essere e ciò che si vorrebbe essere, fra esistenze che sembrano fluttuare sul baratro irreversibile della caduta ed è fin troppo esemplare, fin troppo delicata, per essere un romanzo. Traccia un percorso di speranza, che non è legato unicamente al caso o a un accidente, ma alla volontà di cambiare che deve nascere in noi stessi. Nonostante il giudizio entusiasta di Raffaele Morelli, psichiatra e psicoterapeuta (“un capolavoro”), Breve storia amorosa dei vasi comunicanti è un romanzo prevedibile, lento, scontato. Non è scritto male, si lascia leggere e si lascia apprezzare per coinvolgimento affabulativo, ma fin dalla prima pagina è possibile capire come andrà a finire, dal primo incontro il finale sembra già scritto. Il romanzo inoltre lascia spesso e volentieri lo stile della narrazione per rivestirsi della pesantezza del saggio didascalico: «La quotidianità è una prigione quando un uomo è chiuso in una stanza con la porta sbarrata e non gli viene in mente che bisogna tirare invece di spingere. Imparare la forza rivoluzionaria di questo piccolo gesto mi condusse un passo fuori dall’annus horribilis». Più adatto ad un manuale che non ad una narrazione.