
Matt Stehnermeier, meglio conosciuto dagli amici come Nitro o Rocky, non ha mai ammazzato nessuno: però ci è andato molto vicino. Come quella volta che ha tirato un grosso sasso alla nuca di un tizio che gli stava dando particolarmente fastidio. La persona in questione cade di faccia e sembra non muoversi più, nello stupore e nel sentimento di paura generale di tutti coloro che stanno loro attorno. Fortunatamente però, dopo qualche istante, l’aggredito si rialza in piedi tutto insanguinato. Tutto è bene quello che finisce bene. Nitro si ritrova spesso in situazioni simili nel Canton Ticino degli anni Ottanta. Lui, con cognome tedesco in Svizzera italiana, non ha vita facile e viene canzonato da tutti come zucchino, ossia nella maniera in cui gli italofoni definiscono i confederati. È costretto a difendersi dalle angherie fin dalla quarta elementare e diventa così, con il tempo, un pugile in erba dal futuro luminoso. Al ring però Matt preferisce sempre la strada, dove sfidare i suoi limiti con avversari sempre più grossi di lui, sfasciare bar per vendicare dei torti e sentirsi vivo sempre in qualche rissa. Ormai con lui fa coppia fissa Germano Perazzi, detto Gerry il Gentile o Glicerina visto il sodalizio cementatosi con Nitro appunto. E come loro tanti altri giovani che, al seguire la moda e mangiare panini al Burghy come i coetanei paninari al di là del confine, preferiscono organizzarsi in piccole o grandi bande e dedicarsi alla nobile arte del menar le mani...
Manuela Mazzi è in primis una stimata giornalista ticinese che collabora come caposervizio presso il settimanale “Azione”. Si dedica anche alla scrittura, soprattutto con gialli sempre ambientati nel Canton Ticino. Questo suo Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta è un lavoro sui generis per la produzione dell’autrice ma che ha sempre come minimo comune denominatore con le precedenti fatiche lo sfondo della sua amata Svizzera italiana. Questo spassoso libriccino incarna in sé sia la burocratica pignoleria della cronaca giornalistica che gli afflati della epica omerica. Vengono narrate infatti, con dovizia di particolari e con descrizioni anche divertenti come la Grande Rissa Pasquale del 1982, le gesta di una “generazione perduta” che ha tentato di ritagliarsi un posto nel mondo menando le mani. Un catalogo di personaggi al limite della realtà che, secondo la definizione di Giulio Mozzi nell’introduzione del volume, sembra quasi un bestiario come il Libro degli esseri immaginari di Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero. La scrittura è diretta e immediata e ci restituisce un affresco di uno spaccato della Svizzera italiana che non esiste più ma che ha fatto storia al di là della frontiera.