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Cannibal! Il cinema selvaggio di Ruggero Deodato

Cannibal! Il cinema selvaggio di Ruggero Deodato

Ruggero Deodato nasce il sette maggio del 1939 a Potenza, ma si può definire romano d’adozione, e sin dai primi anni di vita mostra grande interesse per il cinema e lo spettacolo in generale. Un incontro decisivo è stato quello con il grande regista Roberto Rossellini, che lo ha voluto accanto a sé nella realizzazione di opere importanti quali Il generale Della Rovere, Viva l’Italia e Anima nera e permettendogli di sviluppare e affinare quel gusto cinematografico per l’improvvisazione l’estemporaneità del realismo che sarà cifra stilistica di tutta la sua produzione cinematografica. Al sodalizio con Rossellini è seguita altra gavetta, fatta di collaborazioni con artigiani del cinema di casa nostra come Sergio Corbucci e Antonio Margheriti, autori che hanno contribuito a far appassionare il giovane regista alle ambientazioni esotiche e al cinema horror e fantastico di casa nostra. A questo punto Ruggero Deodato è pronto per camminare sulle sue gambe, e dopo un po’ di apprendistato televisivo, può finalmente dare fondo alla propria immaginazione e al proprio talento registico. Talento che, con buona pace di detrattori e critici snob, gli ha permesso di scrivere alcune fra le pagine più importanti – e controverse – del cinema Made in Italy, grazie a film come Cannibal Holocaust e La casa sperduta nel parco, ancora oggi insuperati esempi di tensione, virtuosismo macabro e tecnica registica…

Il cinema di Ruggero Deodato mi ha sempre affascinato, probabilmente da quando anni fa mi imbattei casualmente nel DVD uncut di Cannibal Holocaust, – Dio benedica gli scaffali di DVD dei negozi di elettronica – il suo film più famoso e chiacchierato, di cui conservo ancora un ricordo vivido. È infatti impossibile prescindere da questa opera se si vuole analizzare la filmografia di questo regista dei che si è guadagnato il soprannome di Monsieur Cannibal proprio per aver girato pellicole che non lasciano nulla all’immaginazione con al centro selvaggi divoratori d’uomini spesso però più civili di coloro i quali hanno la sfortuna di incontrarli, quasi sempre cinici reporter o esploratori senza scrupoli. Deodato (autore di culto adorato, tra gli altri, da Eli Roth e Quentin Tarantino) tuttavia non ama essere ricordato solo come il regista di Cannibal Holocaust e, come testimonia l’ottimo Gordiano Lupi – guru della critica di genere made in Italy, con alle spalle innumerevoli pubblicazioni – imprigionarlo nelle maglie del suo film più famoso fornirebbe una visione parziale e distorta su un autentico terrorista dei generi che nel corso della sua lunga carriera ha saputo spaziare dall’horror alla commedia, passando per il peplum, il thriller e la pubblicità. L’autore si sobbarca il compito di fare ordine in questa filmografia schizofrenica, dedicando ampio risalto a tutte le pellicole del cineasta potentino e mettendo in evidenza quale denominatore comune l’istinto di denuncia nei confronti dei media e la presunzione dell’uomo “civilizzato” di essere migliore di altri, siano essi cannibali della giungla o appartenenti alle classi meno abbienti. Deodato sa come colpire e scioccare lo spettatore, ed è difficile che i suoi film, indipendentemente dai gusti del singolo spettatore, finiscano nel dimenticatoio: le indigeribili (perdonate la battuta) scene dei suoi film cannibal, così come le violenze perpetrate in punta di rasoio dal maniaco David Hess ne La casa sperduta nel parco, non sono per palati fini, ma allo stesso tempo non si può smettere di guardarle. E nonostante gli anni, sono senz’altro invecchiate bene, al pari di questo libro che, con competenza e attenzione al dettaglio, nonché con una baldanzosa e fiera opposizione alla critica “ufficiale” dei salotti buoni, è ancora il top per raccontare l’epopea di un regista che ha fatto la storia del nostro cinema di genere e non solo.