
Perché se leggi un giornale in treno le persone ti portano rispetto, mentre se ti vedono leggere un libro si sentono autorizzate ad attaccare bottone? Quando ci immergiamo nella lettura di prodotti editoriali accuratamente e sfacciatamente costruiti a tavolino, lo facciamo perché siamo un irrimediabile popolo di gonzi? Come mai, quando consigliamo un libro a qualcuno e proviamo a raccontarglielo, non riusciamo mai a ricordarci bene né la trama, né i nomi dei personaggi? Quanto dura la vita di un libro in libreria, considerando che, in Italia, le sole major editoriali pubblicano 59.000 titoli l’anno? Se si ama un libro, è giusto sottolinearne parole e frasi, o sarebbe più rispettoso lasciarlo intonso e immacolato? Come è possibile si sia arrivati a considerare normale che i personaggi di storie ambientate nelle nostre latitudini, e inventate da autori nostrani, parlino, esclamino e inveiscano come mandriani del Texas? Siamo persone deboli e superficiali se ci lasciamo attrarre dalle copertine dei libri, fino a farci convincere a comprarli? E soprattutto ‒ domanda delle domande ‒ siamo liberi di dire che qualche libro lo lasciamo a metà, o è meglio tenersi il segreto per sé, come il più inconfessabile dei peccati?
Destinatario di amore incondizionato e oggetto di un culto che “esige solamente un volontario tentativo di disconnessione”, il libro è al centro di quest’opera di Gianluca Mercadante, che rappresenta un’inversione di prospettiva rispetto alla precedente Caro scrittore in erba… (Las Vegas, 2013) e una personalissima analisi del panorama editoriale del nostro Paese. Si parte da episodi accaduti realmente e da aneddoti a cui l’autore fa risalire la propria passione per la lettura. Poi il panorama si allarga al mondo dei bibliofili, dei lettori-soprattutto-e-nonostante, fino a entrare in quello, confinante, degli editori. E lì, i toni si fanno meno delicati e i pensieri più disincantati. Sì, perché il libro, oltre che luogo di evasione e/o introspezione, è anche merce, guadagno, soldi. Per cui, caro lettore in erba, tu che entri in libreria come un assetato che si avvicina alla fonte, sappi che, prima di assaporare il gusto delle parole, sarai distratto dalla visione di copertine abbaglianti e dal rumore delle pile di volumi che demotivati commessi sostituiranno senza posa sugli scaffali. Sì, certo, anche dall’odore e dalla rugosità delle pagine, ma questo solo quando il libro sarà tuo e l’avrai cominciato a leggere. Per quanto, se proprio vogliamo dire le cose come stanno realmente: i libri, “il momento in cui cominciano davvero, inizia solo quando si finisce di averli letti”.