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Carvalho - Problemi di identità

Carvalho - Problemi di identità
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L’investigatore privato Pepe Carvalho ha superato abbondantemente la cinquantina e non si sente affatto bene. La sua salute presenta un conto ricco di intemperanze alcoliche e gastronomiche, conto che Pepe continua ad incrementare con bevute e sigarette. Ha perso Charo, la sua amante di sempre: ora si fa massacrare dalla sfuggente “Fidanzata Zombie”, una donna sposata di Madrid il cui ricco marito lo omaggia con sgradevoli visite dissuasive di scagnozzi maneschi. Lo sguardo diffidente e disorientato di Carvalho guarda con distacco ostile un mondo che lo è altrettanto, come le nuove tecnologie che lui si ostina a rifiutare, l’Europa dei banchieri, un’insoddisfazione diffusa ed un’imperante politica scadente. La Barcellona degli hipster, dei ristoranti vegani, degli “Indignados”, degli indipendentisti catalani e dei Bar de Tapas in mano ai cinesi costituiscono un enigma poco interessante per i suoi occhi. E poi c’è Biscu, Bisutier, il suo assistente/cuoco di sempre che ha deciso di partecipare a MasterChef e questo è decisamente troppo... Pepe si cala pigramente nel lavoro: sono sparite alcune prostitute, probabilmente per mano del pazzo maniaco “Gueño”, la madre di una di queste è convinta che la figlia sia ancora viva e sta a Pepe trovarla. È la “Mocciosa”, prostituta, tossica e ritardata. Carvalho ha per le mani anche un duplice omicidio commesso in un appartamento alto borghese la cui sopravvissuta Amelia, è ora ospite inquietante della sua vecchia amica Marina. C’è poi un terzo caso, il più arduo da risolvere: trovare un senso alla propria permanenza su questo pianeta…

La mirabile copertina di Ivan Canu ci infligge un Manuel Vázquez Montalbán seduto ad un tavolo, sfiduciato, pensoso e triste, intento a giocherellare con un modellino della Sagrada Familia. Impotenza e desolazione per non saper non guardare le cose come stanno. Come Pepe Carvalho. Pepe non ha passato la mano. È diventato carne ed ossa ed è lui stesso a narrare il suo autore raccontandoci di quello Scrittore morto a Bangkok che si ispirava alle storie da lui spifferategli in un’imbarazzante intimità condita da whisky. Con un gioco di rimandi concentrici degni di Salvador Dalì si arriva a pensare che la scrittura immaginifica di Carlos Zanón sia mero strumento di un Carvalho che inventa i suoi autori. In modo cinico, disincantato, pessimista e atrocemente ironico si rimane sorpresi ad ogni pagina imperniata di troppe verità inconfessabilmente confessate con linguaggio surreale e caustico. A tutto questo si aggiunge un intreccio giallistico a prova di pentrite che non è altro che uno stupefacente orpello necessario al barocchismo catalano, un barocco essenziale, un ossimoro, il barocchismo non barocco català, struggentemente antagonista, immancabilmente universale per chi sa leggere quello che non bisognerebbe scrivere. Un capolavoro.