
13 aprile 1519. A Lorenzo de’ Medici, signore di Firenze e duca di Urbino (omonimo del Magnifico zio), è nata una bambina. Felice per la notizia e con l’intenzione di congratularsi con i nobili genitori, messer Ludovico Ariosto si mette in viaggio dalla corte di Ferrara, di cui è segretario. Al suo arrivo però, non trova una città in festa, bensì a lutto. Madeleine de la Tour d’Auvergne, diciotto anni, madre della bimba, è morta dopo poco il parto (peste? Febbre puerperale?), mentre Lorenzo, ventottenne, qualche giorno più tardi (tubercolosi? Sifilide?). Qui comincia la storia di Caterina Maria Romola de’ Medici, che, se partita male, continua peggio. Frutto di un matrimonio abilmente congegnato da due tra i massimi potenti dell’epoca, papa Leone X (Giovanni de’ Medici) e Francesco I di Valois, la bambina diventa presto un vero e proprio oggetto di contesa tra Italia e Francia, essendo, ancora a sua insaputa, unica erede di una ricchezza immensa. A spuntarla, alla fine, è lo zio pontefice: la baby Medici, che nel frattempo si è ammalata gravemente, viene portata a Roma, la destinazione, se non altro, più vicina. Solo diversi anni dopo, la duchessina farà ritorno a Firenze, dove, tra una prigionia e un trasferimento in monastero, sfiorerà la morte due volte durante le sollevazioni popolari. Se quanto a salute, affetto e serenità, Caterina non ha avuto fortuna, vediamo se con la bellezza le cose sono andate meglio: bassina, occhi sporgenti, naso schiacciato, bocca all’ingiù…
Si può scrivere di Storia divertendo? Sì. Non è facile, ma a volte si riesce. Questo è uno dei casi. Il merito è di una coppia di autori ‒ una giornalista satirica e un esperto di storia militare ‒ che, mettendo insieme diverse competenze e approccio diverso alla materia, sono riusciti a far convivere, e nell’armonia più piena, l’umorismo con la serietà, la leggerezza con la profondità, la fantasia della gastronomia di corte con l’aridità delle strategie di potere, le confidenze da boudoir con le sentenze dell’Inquisizione. Grazie a questo felice connubio, la lettura della biografia delle pronipote di Lorenzo il Magnifico, regina di Francia dal 1574 al 1589 e personaggio controverso ma fondamentale per il ruolo dell’Italia nell’Europa rinascimentale, si affronta con lo stesso stato d’animo con cui ci si immerge in un romanzo. Con il vantaggio che, tra un risolino e una riflessione amara, s’imparano anche moltissime cose. Non solo su quella che è considerata un’insuperata ambasciatrice della cultura e del gusto italiano nel mondo e la madrina di molte delle innovazioni di cui ancora beneficiamo (il gelato, la forchetta, le mutande, il punto Madama Caterina…), ma anche su usi, costumi, convinzioni, arte del governare e della guerra (molta guerra) dei nostri connazionali e cugini più prossimi di vari secoli fa. Simpatica l’idea di far iniziare i capitoli offrendo idealmente al lettore un macaron del colore che, di volta in volta, più si addice all’argomento che si affronterà. Perché proprio un macaron? Ovvio: a Caterina la Magnifica si deve anche la sua diffusione.