
Ventidue anni e un aspetto anonimo che la rende come invisibile, Cécile Barrois è al suo primo giorno in cattedra alla scuola elementare Louis-Guilloux. Con sorpresa vede che l’elenco degli scolari contiene ben dodici bambini di cognome Baoulé disseminati in tutte le classi, dalla prima alla quinta: sono scappati con la famiglia dalla Costa d’Avorio dopo un colpo di stato e stanno aspettando che la loro domanda di asilo politico venga accolta. Se la scuola non è stata chiusa, il merito è dei Baoulé. Da due anni gli iscritti erano in calo e il Comune non vedeva l’ora di impadronirsi di quei locali in pieno centro: il loro arrivo aveva salvato la situazione (e il posto di lavoro dei maestri). Cécile prende a cuore gli esuberanti profughi, che vivono accampati in una stazione ferroviaria abbandonata, e ce la mette tutta per tirare fuori il meglio da loro e dagli altri suoi allievi. Impresa non semplice, visto che i suoi primini sono quello che sono: Baptiste è un iperattivo incontenibile, Audrey è dislessica, Steven ha un QI al limite, Tom è aggressivo, Marianne è lenta come un bradipo. Dalla sua, per catturare l’attenzione, Cécile ha un talento speciale nel raccontare storie e li conquista con le avventure del Coniglietto Cacchetto, saltato fuori dalla sua fantasia in omaggio al potere seduttivo che le parole proibite (tipo cacca) esercitano sui più piccoli. Mentre l’anno scolastico procede fra alti e bassi didattici, c’è chi trama in segreto per rispedire in Africa la tribù di ivoriani e mettere le mani sull’edificio con lo scopo (criminale) di aprire al suo posto un redditizio fast food. É allora che nel corpo insegnante scatta la molla della solidarietà. E Cécile, scopertasi un’anima barricadera sotto la sua aria da scricciolina, scoprirà anche l’amore...
Marie-Aude Murail, autrice pluripremiata, nominata Chevalier de la Légion d'Honneur per il suo lavoro dedicato all’infanzia, è solita destreggiarsi con temi spinosi, legati all’attualità. La dicono lunga i protagonisti di due dei suoi libri più noti: quello di Oh Boy è un giovane gay, quello di Mio fratello Simple un ritardato mentale. Questa volta ad essere affrontati di petto sono i problemi dell’integrazione, del razzismo e dei clandestini. Con conseguente disponibilità o meno all’accoglienza verso i “neri”, automaticamente classificati come musulmani anche se hanno nomi bizzarri ma cristianissimi come Festa dei Morti e Ognissanti. Avrebbe potuto venirne fuori un romanzo fastidiosamente edificante, di quelli che ti fanno venire il diabete per eccesso di buonismo. Ma la penna di Marie-Aude Murail si tiene alla larga dalle cadute di tono politicamente corrette e racconta le cose come stanno, con leggerezza e umorismo. Nessun predicozzo, nessun fervorino sui sacri valori della fratellanza e dell’uguaglianza (anche se sono due dei tre capisaldi del motto repubblicano francese). Qui ci sono solo (si fa per dire) dodici bambini scappati da un Paese invivibile, che hanno diritto ad essere protetti e a non essere rispediti al mittente come un pacco postale indesiderato. C’è una piccola comunità composta da docenti demotivati, genitori prevenuti e giovani militanti di un’associazione umanitaria, che fanno fronte comune contro la porcheria di scacciare la nidiata di clandestini. E al centro di tutto c’è questa timida maestra che vince la battaglia per difendere quello che è giusto e riesce pure a conquistare il ragazzo dei suoi sogni. Finale rosa che però non stona, perchè anche le storie molto realistiche per fortuna possono avere un happy end.
Marie-Aude Murail, autrice pluripremiata, nominata Chevalier de la Légion d'Honneur per il suo lavoro dedicato all’infanzia, è solita destreggiarsi con temi spinosi, legati all’attualità. La dicono lunga i protagonisti di due dei suoi libri più noti: quello di Oh Boy è un giovane gay, quello di Mio fratello Simple un ritardato mentale. Questa volta ad essere affrontati di petto sono i problemi dell’integrazione, del razzismo e dei clandestini. Con conseguente disponibilità o meno all’accoglienza verso i “neri”, automaticamente classificati come musulmani anche se hanno nomi bizzarri ma cristianissimi come Festa dei Morti e Ognissanti. Avrebbe potuto venirne fuori un romanzo fastidiosamente edificante, di quelli che ti fanno venire il diabete per eccesso di buonismo. Ma la penna di Marie-Aude Murail si tiene alla larga dalle cadute di tono politicamente corrette e racconta le cose come stanno, con leggerezza e umorismo. Nessun predicozzo, nessun fervorino sui sacri valori della fratellanza e dell’uguaglianza (anche se sono due dei tre capisaldi del motto repubblicano francese). Qui ci sono solo (si fa per dire) dodici bambini scappati da un Paese invivibile, che hanno diritto ad essere protetti e a non essere rispediti al mittente come un pacco postale indesiderato. C’è una piccola comunità composta da docenti demotivati, genitori prevenuti e giovani militanti di un’associazione umanitaria, che fanno fronte comune contro la porcheria di scacciare la nidiata di clandestini. E al centro di tutto c’è questa timida maestra che vince la battaglia per difendere quello che è giusto e riesce pure a conquistare il ragazzo dei suoi sogni. Finale rosa che però non stona, perchè anche le storie molto realistiche per fortuna possono avere un happy end.