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Cena di classe

Cena di classe

22 febbraio 2018. Ore 6,27. Il sogno si ripete sempre uguale. Come al solito si trova in tribunale e sul banco degli imputati c’è Bin Laden. Non quello vero, ma quello che il suo lessico familiare ha introdotto da quel maledetto giorno in cui la loro vita, sua e soprattutto di sua moglie Rossana, è cambiata per sempre. Di nuovo, come nei sogni precedenti, non riesce ad inchiodare l’imputato, che il giudice dichiara libero, una volta ancora. Con la bocca piena del sapore della sconfitta, il risveglio di Giacomo Meroni, avvocato, si fa via via più cosciente, soprattutto grazie al rumore di uno scrosciare d’acqua, che diventa presto consapevolezza che si tratti di nient’altro che una doccia. A Giacomo piace immaginare la moglie sotto il getto caldo. Dopo diciannove anni di matrimonio prova per quella donna lo stesso trasporto e lo stesso amore dei primi tempi. Alle sette e quaranta, come ogni mattina del calendario scolastico, Rossana e Giacomo sono davanti al passo carraio che dà accesso al loro cortile. Ad attenderli c’è Nando, il taxista dotato di mezzo con pedana, grazie alla quale Rossana e la sua sedia a rotelle possono entrare nell’abitacolo. La moglie di Giacomo è un’insegnante e, anni prima, il Bin Laden che ancora nessuno è riuscito a scovare e che disturba ogni sonno dell’avvocato, l’ha investita, procurandole un danno permanente che l’ha costretta a un’inabilità che la donna affronta, diversamente dal marito, con coraggio e dignità. Giacomo osserva il taxi allontanarsi, benedice il fato che ha messo Nando sulla loro strada, sale in sella alla sua Bianchi elettrica e si dirige al lavoro. In ufficio, quello aperto da suo suocero e nel quale anche lui è impiegato da anni, lo attende una signora scialba, secca e dall’aria preoccupata. Si presenta come Corbini Vittoria e comunica di aver bisogno d’aiuto per il figlio Riccardo, cinquantadue anni, che è da poco stato arrestato con l’accusa di omicidio: molti anni prima avrebbe ucciso una compagna di scuola, al termine di una festa. Ma a quella festa lui, Riccardo, non aveva neppure partecipato...

Bel personaggio l’avvocato Giacomo Meroni. Una carriera nell’Arma dei Carabinieri prima, nel mondo dei tribunali poi; una ferita ancora aperta legata al terribile incidente che ha visto coinvolta la moglie, costretta da parecchi anni su una sedia a rotelle e capace di accettare le beffe di un destino che si diverte a sparigliare le carte e a mettere alla prova. Quando una mamma disperata chiede aiuto a Giacomo affinché si occupi delle sorti del figlio, accusato di aver stuprato e ucciso una compagna di classe parecchi anni prima, l’animo del Carabiniere spinge Meroni a non fidarsi dell’evidenza dei fatti, ma a scavare nel torbido di rapporti mai chiariti, di gelosie, segreti e misteri sepolti da troppo tempo, che chiedono solo di essere svelati. Alessandro Perissinotto, scrittore, e Piero D’Ettorre, avvocato, uniscono la loro amicizia e le loro competenze e danno vita a un romanzo scritto a quattro mani, ma assolutamente omogeneo e molto ben congegnato. Un legal thriller dall’impianto perfetto, capace di raccontare con precisione la quotidianità e la straordinarietà della vita di chiunque. Un racconto che parla di memoria e di coraggio, di mistero e di ovvietà, di verità da individuare e conseguenze da intuire. Un’indagine difensiva condotta coinvolgendo un nutrito numero di attori, che si muovono su una scena rappresentata da una città, Torino, di cui vengono mostrate allo stesso tempo le ampie strade e l’anima. Non ci sono, nel romanzo, né eccessi né sovrastrutture; la narrazione prosegue in maniera lineare e semplice e in questo sta la sua particolare bellezza. Una prima avventura coinvolgente e molto ben scritta, con un taglio narrativo che ricorda un po’ i lavori di Fruttero e Lucentini e appassiona il lettore, che si augura che l’attesa per la seconda puntata della serie non sia troppo lunga.