
Anna ha conseguito la laurea triennale, poi si è iscritta alla specialistica, ma non è stata bene, non riusciva più studiare e si è fermata. Ora lavora alla reception di un albergo e sa di essere stata fortunata, in fondo, perché per molte sue compagne o compagni il lavoro è un traguardo ancora lontano. Tuttavia un interrogativo la tormenta: non sarebbe forse bene riprendere gli studi? Allora sottopone il suo interrogativo alla professoressa Cosenza, sperando che possa consigliarle la via da intraprendere, offrendo una soluzione al dubbio che l’angoscia. Ma, quando la professoressa le consiglia di prendersi del tempo per riflettere prima di decidere, Anna ribatte: “Ho 26 anni. Sono vecchia”. Se Anna si sente già vecchia, troppo vecchia per ponderare a lungo una decisione, Paolo, che di anni ne ha 29, si sente fallito. E Giada che, dopo la tesi discussa a 26 anni, si sentiva ricca di entusiasmo e speranza ed era convinta di avere realizzato il suo sogno di lavorare con le parole avendo ottenuto un contratto a progetto in una casa editrice insieme a uno stipendio che le permetteva di vivere da sola in modo indipendente dai genitori, qualche anno dopo riferisce di aver dovuto aprire una partita IVA e di lavorare da casa, per diversi editori, senza più soddisfazioni di nessun genere. Cercherà di resistere e di andare avanti, afferma, ma è desolata e delusa. Simona, assegnista di ricerca e il suo compagno, esperto di statistica, invece hanno deciso di partire, non per disperazione, ma per fare una cosa che li rende felici. Da un paio d’anni girano per il mondo. Anche Loredana, dopo molta esitazione, è partita con l’Erasmus per Berlino. È soddisfatta. Forse tornerà in Italia, forse no...
Giovanna Cosenza, da vent’anni docente di Filosofia e teoria dei linguaggi a Scienze della comunicazione all’Università di Bologna, allieva di Umberto Eco, dedica questo saggio ai suoi studenti, dei quali accoglie le voci, ascolta dubbi e domande, condivide successi e insuccessi. Studentesse e studenti la contattano nel suo studio, in corrdoio, per strada, ma anche lasciando messaggi sul suo blog o via mail. Non le parlano solo di esami, non le chiedono soltanto consigli sullo studio o sulla tesi, ma parlano molto anche di sé, dei loro affetti e delle loro speranze e chiedono spesso consigli di vita. Il libro racconta questi incontri, mescolando finzione e realtà, cambiando nomi e contesti, affinché nessuno sia riconoscibile ma tutti siano rappresentati. Giovanna Cosenza afferma di aver messo “in scena solo le storie che considero più rappresentative, quelle cioè che non riguardano solo singoli individui, ma propongono situazioni ricorrenti, esperienze comuni e condivise, temi che si ripetono: genitori, amicizie, stage, lavoro, amore e così via”. L’esame di quello che i ventenni di oggi raccontano, conclude l’autrice, non è poi tanto diverso da quello che i loro genitori avrebbero potuto raccontare ai tempi loro e che forse, se ne ebbero l’occasione, raccontarono. L’opera, in questo modo, si propone anche come momento di confronto fra generazioni, in modo che non frequentino o dialoghino solo in gruppi di pari età, ma possano scambiarsi saperi, esperienze e perfino litigare, perché l’importante è costruire ponti, non erigere steccati.