Salta al contenuto principale

Chantal Akerman - Uno schermo nel deserto

Chantal Akerman - Uno schermo nel deserto

Gli arredatori più di loro odiano forse soltanto i termosifoni. Tant’è che infatti sono un elemento centrale nelle case tradizionali, ma ora non se ne vede più uno nemmeno a pagarlo e se li vuoi ti guardano come se fossi un alieno delinquente. Sono i corridoi. Più sono lunghi, più tempo occorre per percorrerli, ovviamente, anche da parte di una macchina da presa. Per questo motivo di solito i registi che non fanno della sperimentazione la loro cifra li evitano come se fossero la peste, e qualora necessariamente un personaggio in un interno per passare da una stanza a un altro ambiente sia costretto ad attraversarne uno si concentrano poi in fase di montaggio a tagliare i silenzi e i tempi morti. Chantal Akerman invece non fa nulla di tutto questo, perché ritiene che sia indispensabile comunicare quei silenzi e quei cosiddetti tempi morti che morti non sono, almeno per lei, anzi, sono gli istanti più significativi...

  Divisa in una dozzina di capitoli, l’unica biografia storico-critica al momento esistente, comprensiva di un regesto integrale dei film, dei libri, delle opere e delle installazioni, della regista e videoartist belga morta cinque anni fa sessantacinquenne non è scritta casualmente da due come Gatti e Cappabianca che oltre a essere narratori e critici sono anche architetti: perché lo spazio è un elemento di primaria significatività nella poetica di Chantal Akerman, che nel corso della sua carriera ha diretto anche attori formidabili come William Hurt e Catherine Deneuve e ha documentato il lavoro di un’artista rivoluzionaria come Pina Bausch. L’esegesi che viene compiuta nel libro è ampia, approfondita, divulgativa, esauriente, ricca di suggestioni, precisa, puntuale, dettagliata e arricchita ulteriormente da un abbondante corredo di immagini.