
Di ritorno verso casa dopo una domenica passata in giro per l’Appennino, la macchina di Maurizio e Marta, una coppia sposata sulla cinquantina, passa vicino un edificio piuttosto antico, accanto al quale si erge una torre. Marta convince Maurizio ad accostare e fermarsi, poi insieme vanno a dare un’occhiata. La casa è in vendita. Si accende una discussione, che si conclude con la vittoria della donna. La coppia comprerà la casa: Marta infatti sogna da tempo di trasferirsi in campagna, mentre Maurizio, scrittore, potrebbe approfittare di questo cambiamento per terminare il suo romanzo. Nel comprare la casa e durante i successivi lavori di ristrutturazione, i due vengono a sapere che il luogo è chiamato Pietrapesa e scoprono che al suo interno abita un gatto nero come l’inferno, prontamente ribattezzato Minosse in onore del personaggio dantesco. Così, una volta che tutto è stato sistemato, la coppia finalmente si trasferisce. Capita allora che una sera Maurizio, intento a scrivere e a guardare fuori dalla finestra, veda una strana luce provenire da fuori, una piccola fiamma ardente all’interno di una lampada a petrolio. Quando finalmente si decide ad andare a controllare il bagliore sparisce e lo scrittore, calmatosi, si accinge a coricarsi. Una volta a letto, Maurizio ode i gradini di legno delle scale scricchiolare. Si alza dunque per raggiungere la fonte del rumore, imbattendosi in sua moglie, in piedi per lo stesso motivo. I due convengono quindi di perlustrare la casa, ma l’esplorazione non porta ad alcun risultato…
Della fortunata collaborazione tra Loriano Macchiavelli e Francesco Guccini è stato scritto in lungo e in largo. Le serie del maresciallo Benedetto Santovito e dell’ispettore Marco “Poiana” Gherardini hanno dato vita a romanzi che hanno segnato il genere giallo in Italia (Macaroní, Questo sangue che impasta la terra, La pioggia fa sul serio e Tempo da elfi tra gli altri). Naturalmente ambientato nell’Appennino (tosco-emiliano), Che cosa sa minosse è invece un piccolo romanzo a metà tra il thriller e il noir, che devia quel tanto che basta dalla serietà delle opere di cui sopra. La trama è infatti semplice, abbastanza prevedibile nel suo sviluppo. A questo difetto, l’accoppiata rimedia lasciando un finale aperto, che mette di nuovo al centro la domanda che è alla base – quindi all’inizio – del romanzo: esistono i fantasmi? Dal canto suo, Guccini un’idea ce l’ha. “Forse esistono. Sono creati dalla nostra mente, dal nostro passato; forse sono fantasmi i ricordi del passato che a volte abbiamo”. Al lettore il compito di dare la propria personalissima risposta.