
Raffaella Fanelli raggiunge il cimitero di Tarano che è ancora chiuso. Neppure un temporale violentissimo la fa desistere dal cercare la tomba dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno. La giornalista non sa neppure se sia morto davvero e continua a chiederselo da quando la procura di Roma ha riaperto le indagini sull’omicidio di Simonetta Cesaroni, la giovane ventenne massacrata con 29 colpi di tagliacarte il 7 agosto 1990, in via Poma, nell’elegante quartiere di Roma Prati. Un delitto ancora adesso rimasto senza colpevoli, dopo un processo che non è stato in grado di accertare la verità e tutta una serie di potenziali colpevoli che si sono alternati sulle pagine di cronaca dei quotidiani nazionali. Fanelli è convinta che Caracciolo sappia molto sull’omicidio di Simonetta e per questo lo ha già raggiunto una volta nella sua villa di Tarano in un caldo pomeriggio di giugno, dopo che una collega de “Il Messaggero” ha diffuso la notizia della morte dell’avvocato, senza ricevere alcuna smentita. Un incontro finito a male parole e perfino con un’aggressione fisica alla giornalista per via delle sue domande troppo insistenti, seguita dalla negazione da parte dell’avvocato di averla perfino mai incontrata. Un po’ come è accaduto nei riguardi di Simonetta, nonostante fosse stata una sua dipendente. Due donne poi, non confermano il suo alibi per quel lontano giorno d’agosto del 1990. Raffaella Fanelli però si ritrova di fronte alla sobria lapide dell’avvocato che, sul marmo bianco, reca la scritta 22 agosto 2016. Questa volta Francesco Caracciolo di Sarno è morto per davvero...
Fanelli è una giornalista di razza che, nel corso degli anni, ha collaborato con numerose testate tra cui “la Repubblica”, “Sette – Corriere della Sera”, “Panorama” e “Oggi” e anche trasmissioni televisive come Quarto grado e Chi l’ha visto?. Al centro delle sue storie i cosiddetti misteri d’Italia, con pubblicazioni come La verità del Freddo, una lunga intervista con uno dei vecchi boss della banda della Magliana Maurizio Abbatino, e La strage continua. La vera storia dell’omicidio di Mino Pecorelli, con cui è riuscita a fare riaprire le indagini sull’assassinio del direttore di “OP”. Questo suo ultimo libro pubblicato da Ponte alle Grazie analizza nel dettaglio tutte le mancanze e gli elementi contraddittori del cosiddetto “giallo di via Poma”, mettendo in risalto soprattutto tutti gli errori commessi durante le indagini da parte degli inquirenti, su tutti, ad esempio, il mancato confinamento della scena del delitto. Non solo. La giornalista offre anche degli ottimi spunti investigativi, puntando i riflettori su elementi involontariamente o volutamente ignorati in precedenza. Un libro che mette al suo posto numerosissimi tasselli di uno dei cold case più celebri d’Italia. Prefazione di Guido Salvini.