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Chiamami Così

Chiamami Così

Una realtà che cambia richiede parole nuove che possano stare al passo con essa. È sempre stato così, in questo non c’è niente di nuovo. Così come non è nuova l’attitudine umana a non gradire i cambiamenti, soprattutto quando si è adulti e si è abituati al mondo così com’è e creare nuove infrastrutture lessicali è destabilizzante. Le sfide che oggi la realtà ci pone davanti sono legate per lo più alla complessità sociale e umana, alla commistione culturale e generazionale, che porta con sé la difficoltà di trovare le giuste parole per dialogare con l’altro e includerlo. Si deve quindi partire da un assunto di base, che è quello che si fonda sul concetto di differenza. Siamo diversi, solo per citare alcuni esempi, per sesso biologico, identità di genere, etnia, religione, disabilità e ricchezza. Il problema si pone quando ognuna di queste differenze è associata a un atto discriminatorio, che ha il suo nome e la sua definizione: si parla dunque di razzismo, abilismo, ageismo, body shaming. Ma se la discriminazione è un atto di disprezzo di ciò che è diverso, quale è il paradigma della normalità? Se pensiamo a una persona “normale” immediatamente ci figuriamo un uomo (perché la nostra società è anche androcentrica) eterosessuale, bianco, bello, intelligente e di successo. Viene facile allora credere perché tutto ciò che differisca da questo modello plastico, è considerato non normale, diverso, e quindi anche oggetto di discriminazione. Da questo tipo di società che mette al centro l’uomo, ne è sempre derivato un linguaggio androcentrico: la forma delle parole è sempre al maschile, quando indichiamo un gruppo di cose o persone usiamo il maschile...

Sociolinguista, traduttrice, docente universitaria, saggista, specializzata nella comunicazione digitale, Vera Gheno è conosciuta al pubblico per il suo attivismo nel campo della linguistica, che porta avanti anche sui social. Dopo aver collaborato per vent’anni con l’Accademia della Crusca, adesso insegna all’Università degli Studi di Firenze e collabora con Zanichelli. Con questo suo ultimo saggio si concentra sui concetti di diversità e normalità. Il testo è l’adattamento di una conferenza che si è tenuta a Rimini e nasce dall’urgenza di dover trattare temi che in questo momento storico sono particolarmente caldi. In questo breve libro vengono riassunti i principali nodi del dibattito linguistico attorno ai concetti di diversità e normalità (e anche di tutte le parole che si trovano nel mezzo, come suggerisce il sottotitolo), andando a creare una sorta di vademecum linguistico di tutti i nuovi termini e le nuove regole per un corretto e inclusivo uso della lingua italiana. Oltre ad alcuni strumenti pratici presenti nel libro, come definizioni di parole, l’autrice porta avanti una riflessione sul cambiamento della lingua, che rispecchia e accompagna cambiamenti strutturali di una società. Dall’uso della “a” per i femminili professionali, alla “schwa” per i sostantivi neutri, la lingua deve evolvere per poter essere davvero in grado di raccontare la società. Ma la lingua ha un ruolo importantissimo non solo nel rappresentare la realtà, ma anche nel plasmarla. Gheno suggerisce di ribaltare la prospettiva secondo la quale “non si è mai detto avvocata perché non ci sono avvocate donne”. Iniziamo a usare i femminili professionali, e magari le donne inizieranno a credere che in quella fetta di società c’è posto anche per loro e le bambine cominceranno a pensare che quei mestieri sono anche per loro e possono studiare, come gli uomini, per diventare ministre, ingegnere, astronaute. La conquista di questo spazio sociale passa per la conquista di uno spazio linguistico, perché la lingua può dare forma ai pensieri e alla realtà.