
“Cicala racconta storia. Storia buona. Storia semplice. Storia comprensibile anche a umani. Tok! Tok! Tok!”. L’impiegato Cicala lavora da diciassette anni in una grigia azienda, la sua mansione è l’immissione dati. Le sue zampine da insetto battono veloci al computer e non ha mai fatto neppure un errore in tutti gli anni di lavoro. Eppure dall’ufficio risorse umane non è mai arrivata una promozione. Cicala è forse una risorsa, ma non è umana, per questo motivo non può ambire ad avere i diritti di cui invece godono i suoi colleghi. Il box in cui lavora è cupo e solitario, ma forse è meglio così dal momento che le poche volte che incontra i suoi colleghi loro lo molestano, tenendolo a pancia in su e schiacciandolo con i loro grandi piedi. Cicala crede che non lo amino perché lo credono un idiota. Lui è una Cicala dentro un ufficio per soli umani, quale trattamento potrebbe mai pretendere? Non ha neppure il diritto di andare in bagno, in ufficio, ogni volta che ha bisogno è costretto ad andare in un bagno pubblico del centro città, a dodici isolati di distanza. Il tempo che gli serve a percorrere la distanza ed espletare i suoi bisogni gli è sottratto dalla paga. Con i suoi pochi soldi non può neppure permettersi un affitto, così è costretto a vivere in ufficio, in un’intercapedine sul muro…
Shaun Tan, autore australiano di origini asiatiche che ha sorpreso il pubblico italiano già da molti anni con il suo capolavoro illustrato L’approdo , torna a parlarci di incomunicabilità e mancata integrazione con il suo ultimo libro illustrato, Cicala . La forza del racconto è affidata soprattutto alle bellissime illustrazioni in olio e acrilico, che portano il lettore dentro la vita di questo strano impiegato. Tan affida al punto di vista di un insetto il compito di raccontare l’insensibilità e l’alienazione della vita del dipendente aziendale. Un punto di vista sicuramente condiviso da molti artisti, che si esplica con un colore prevalente ormai diventato simbolico: il grigio. Sono infatti metaforicamente e cromaticamente grigie le giornate in ufficio di Cicala, continuamente vessato e umiliato nonostante compia il suo lavoro in maniera precisa e con attenzione. È lo stesso Cicala a raccontare al lettore la sua storia, con un linguaggio scarno (la storia giunge al termine in poco più di un centinaio di parole), in appena quattro versi per pagina. Il volume è infatti strutturato con le illustrazioni sul lato destro e le parole un poco sgrammaticate dell’impiegato sul sinistro (è un grande sforzo, per una cicala, parlare la lingua degli uomini), in un formato grafico che amplifica la solitudine dell’insetto e la sua difficoltà nel comunicare con gli umani. Eppure ci prova, e il suo nervosismo nel ripercorrere la sua storia è affidato al “Tok! Tok! Tok!” che chiude ogni strofa in ogni pagina, onomatopea che forse vuole imitare lo sfregare delle sue zampette. Una storia malinconica in cui tuttavia il protagonista trova la sua rivalsa, una lettura semplice e al tempo stesso profonda, emotiva e sincera nel suo atto d’accusa contro chi nuoce ed emargina il diverso. Come ogni bella storia, ha diversi livelli di lettura e il cuore del racconto può essere compreso anche dai giovani lettori, anche se indubbiamente saranno gli adulti a comprendere maggiormente il peso che schiaccia Cicala, almeno fino al momento in cui riuscirà finalmente a liberarsi dal colletto bianco, dalla sua vuota esuvia.