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Ciotole di riso

Ciotole di riso

Come ormai succede da un po’ di tempo, Mimi e il guardiano stanno scambiando dei pensieri “sparsi” dei quali, nonostante lunghi momenti di silenzio, riescono a tenere il filo. Questa volta il tema principale è il cibo, preparato per gli altri in quanto è il proprio lavoro oppure cucinato per essere condiviso con le persone più care. È da questo spunto che Mimi torna con il pensiero a come la preparazione incessante dell’oyakodon alla ricerca della versione migliore abbia consentito alla madre, risvegliatasi dal coma, di ricreare un legame con la realtà, affrancarla a un oggi che non si può appoggiare sul passato “attraversato” durante il lungo periodo di stato di incoscienza. Anche aver fatto da cavia, insieme alla sorella Kodachi e al cognato Isamu, assaggiando i vari esperimenti culinari della madre alla fine si era rivelato una fatica “buona”. Ma il tempo tra Mimi e il guardiano non trascorre solo parlando, ma anche agendo (in momenti debitamente separati), ovvero curando i fiori che il guardiano combina magistralmente in piccoli bouquet da depositare sulle tombe del cimitero. Sembra che tutto proceda come al solito quando Mimi si accorge che c’è qualcuno che li sta ascoltando: è una ragazza esile, pallida e dall’aria infantile che sembra un fantasma. In realtà ha una consistenza fisica, ma quando parla la sua voce viene sostituita da piccoli caratteri somiglianti a confettini di zucchero che escono, susseguendosi, dalla sua bocca...

Con questo romanzo prosegue la narrazione della vita di Mimi e Kodachi, le sorelle gemelle che hanno perso il padre in un incidente e sono cresciute mentre la madre era in coma. Ora la madre si è risvegliata, ma sembra avere bisogno di concentrarsi su un’attività fisica e reale per riallinearsi a un tempo che per lei è trascorso in modo diverso dagli altri. Come spesso accade nei romanzi dell’autrice, il ruolo di connessione è svolto dal cibo, in grado di dare conforto al corpo ma soprattutto all’anima, dando concretezza ai sentimenti e al desiderio di prendersi cura dell’altro. Altro elemento tipico della narrazione di Banana Yoshimoto è la presenza del sovrannaturale, che in realtà appare come completamente naturale, un elemento del reale come qualsiasi altro con cui si può entrare in contatto semplicemente vivendo. Un po’ come il cibo, gli elementi eterei diventano i testimoni di storie passate, dei desideri più intimi e di quelli comuni a tutti: amare ed essere amati, poter scegliere cosa fare nella vita, trovare il proprio posto nel mondo. Benché gli ambienti descritti nel romanzo siano limitati (una grande villa e il cimitero), le scene presentate ne propongono ogni volta un angolo diverso e scorrono veloci come i dialoghi tra i protagonisti. I personaggi sembrano essere riusciti ad avvicinarsi all’equilibrio che stanno cercando, ma, come sostiene Mimi, è importante prepararsi ad assimilare gli eventi, qualsiasi essi siano, perché non è possibile sapere quando, a che punto e cosa succederà.